venerdì 11 ottobre 2013
Sono 62 in 17 regioni e hanno attivato 139 corsi. Il 50% dei ragazzi lavora a due mesi dal diploma.
Il progetto: dai banchi alla gestione di un'azienda
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​Se gli italiani sono «poco occupabili», stando alla sintesi del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, sulla base dei dati Ocse sulle competenze linguistiche e matematiche della popolazione e se, a causa di questo gap che ci separa dal resto dei Paesi industrializzati, ieri il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, ha sollecitato la redazione di un Piano nazionale di formazione, una possibile risposta alle preoccupazioni del governo (e delle 137mila aziende che nel 2013 non sono riuscite a trovare le figure professionali qualificate che cercavano), potrebbe arrivare dal potenziamento degli Istituti tecnici superiori (Its). Percorso formativo di livello terziario (post diploma superiore), l’Its è emanazione di una Fondazione (vedi box) e coniuga istruzione e lavoro; almeno il 30% delle 1.800-2.000 ore in cui sono articolati i percorsi formativi biennali, è svolto attraverso tirocini in azienda, sia in Italia che all’estero e almeno la metà dei docenti deve provenire dal mondo del lavoro e delle professioni, con almeno cinque anni di esperienza nel settore di riferimento dell’Its. Tecnici “prestati” dall’azienda alla scuola per gettare un ponte tra due mondi ancora troppo lontani. Una strategia che sta dando i primi risultati, visto che più del 50% dei diplomati al termine del primo biennio, attivato nel 2011, ha già trovato un lavoro, a due mesi dal diploma e alcuni erano già stati “opzionati” dalle imprese durante lo stage.

«Gli Its funzionano perché stabiliscono un vero collegamento tra la scuola e il lavoro e vedono le imprese farsi parte attiva del progetto – spiega il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, reduce dalla visita ad alcuni istituti della Lombardia –. Per la fase di start up, il Miur ha investito 49 milioni di euro, mentre, per la fase di consolidamento, sono disponibili tredici milioni per ogni anno. Adesso – prosegue i sottosegretario – gli Its si collocano al vertice della piramide della popolazione scolastica e riguardano poco più di tremila studenti. Il modello può però essere replicato, coinvolgendo anche le secondarie superiori, soprattutto gli istituti tecnici e professionali».Al momento, le fondazioni Its sono 62 e i corsi attivati 139 in 17 regioni italiani. Sei le aree tecnologiche individuate: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie dell’informazione e della comunicazione, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e il turismo. Dei 3.306 iscritti, il 76% sono ragazzi e il 24% ragazze. Sia i maschi che le femmine prediligono l’area delle nuove tecnologie per il made in Italy, dove si trova circa un terzo degli iscritti totali (1.395, di cui 986 ragazzi e 409 ragazze). Un altro settore che attira i giovani è quello della mobilità sostenibile, che ha 827 iscrizioni, in prevalenza di ragazzi (759 contro 68 ragazze).Per la maggior parte, gli iscritti agli Its sono diplomati della scuola superiore e provengono dagli indirizzi dell’istruzione tecnica. «Sebbene in percentuale più ridotta – spiegano dal ministero di viale Trastevere – gli Its attraggono i diplomati dei licei, degli istituti professionali e qualche laureato, probabilmente alla ricerca di attività formative che, grazie alla diretta collaborazione delle imprese, preparino concretamente i giovani ad affrontare il mondo del lavoro nelle aree tecnologicamente più avanzate».

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