giovedì 8 aprile 2010
Sono una quarantina di testate e stampano oltre un milione di copie. Ma con la stangata del governo non ce la faranno ad andare avanti. Dopo la lettera della Fisc alla presidenza del Consiglio, anche Mediacop pensa al ricorso al Tar: non si può cambiare la legge per decreto.
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Per i settimanali e i periodici cattolici è un vero e proprio allarme di "chiusura per fallimento". Da alcuni giorni si moltiplicano le iniziative contro il decreto interministeriale che ha abolito per tutto il 2010 le tariffe postali agevolate per la stampa. E c’è chi come Gerolamo Fazzini, coordinatore della Federazione della stampa missionaria italiana, che riunisce una quarantina di testate per complessive 450 mila copie mensili, evidenzia «la scelta economica miope operata dal governo, che in questo modo raccoglie soldi sulla pelle dei più deboli: sia perché si tratta di editoria non profit, che in molti casi già lavora in perdita, sia perché, nel caso delle pubblicazioni missionarie e di tante congregazioni religiose, si tratta di editoria che ha come scopo fondamentale la sensibilizzazione, la fidelizzazione e la raccolta di fondi in favore di iniziative benefiche in Italia e nel mondo».Il problema ieri è stato apertamente denunciato, in una lettera al presidente del Consiglio e ai sottosegretari Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, dalla Federazione nazionale settimanali diocesani, circa duecento testate che vendono complessivamente un milione di copie, quasi tutte in abbonamento postale. «Ci chiediamo – ha sottolineato il presidente della Fisc Giorgio Zucchelli – come sia possibile un intervento improvviso e inatteso di questo genere, che rischia di provocare la chiusura di un considerevole numero dei nostri settimanali». Uno stupore che si riscontra anche nelle parole del presidente di Missio, l’organismo pastorale della Cei che si occupa dell’attività missionaria in Italia, don Gianni Cesena, secondo il quale col taglio delle agevolazioni «si penalizzano fortemente non solo i periodici di informazione missionaria ma anche tutte quelle pubblicazione di formazione educativa e di raccolta di donazioni e di adozioni a distanza che consentono di rendere concrete le tante iniziative dei missionari, in favore delle popolazioni più povere e bisognose in tutti i continenti, le quali spesso non possono contare che su questo aiuto».Tagli che, secondo Zucchelli, incidono fortemente sulla libertà di informazione e contro i quali l’associazione delle cooperative editoriali Mediacoop sta pensando di ricorrere al Tar. La presidenza di Mediacoop ha ricevuto a questo riguardo apposito mandato dalla Giunta nazionale dell’associazione, riunitasi ieri a Roma per discutere del gravoso problema, che comporta «il rischio reale, per molti editori, di dover cessare le pubblicazioni»: con particolare riguardo per le riviste di informazione del terzo settore, comprese quelle del Forum del terzo settore, quelle delle associazioni di volontariato e di tutti i periodici della cosiddetta società civile. L’idea di Mediacoop è di cercare un’intesa con le associazioni del settore per «un’iniziativa unitaria» di sensibilizzazione, oltre a «predisporre uno specifico ricorso al Tar, considerando che un decreto ministeriale non può variare le norme sulle tariffe agevolate stabilite per legge».Tanto Zucchelli quanto Cesena e Fazzini evidenziano «il danno grave e immediato». Il provvedimento giunge infatti a campagna abbonamenti già chiusa e ora gli editori si trovano a dover spedire agli abbonati a costi maggioranti. Un danno e una beffa insieme, se si considera che il veicolo postale, quantunque assai carente, è l’unico percorribile per questi media, che non possono permettersi gli investimenti necessari per essere presenti nelle edicole.Danno che, per quel che riguarda le riviste missionarie, incide su un tipo di informazione qualitativamente elevato che si occupa di tematiche internazionali solitamente trascurate dai grandi media. Alcune di queste testate, come "Nigrizia" e "Mondo e Missione" possono vantare storie più che secolari, essendo state fondate negli anni ’70 dell’800. Insomma, per dirla con Fazzini, «viene da chiedersi quale sia il motivo reale di un simile taglio delle agevolazioni, considerato lo scarso rilievo delle entrate per i conti statali». E Zucchelli insiste: «È il momento di aprire in tempi brevissimi il tavolo per la riforma dell’editoria in modo da non dover affrontare ogni anno sempre gli stessi problemi che costringono testate non profit e di servizio come le nostre a una continua situazione di incertezza».
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