mercoledì 24 aprile 2013
​Lo scrivono i legali dell'azienda nell'ultima istanza presentata alla Procura per la restituzione delle merci finite e semilavorate.
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​Se i prodotti sequestrati non saranno spediti entro il 5 maggio prossimo, l'Ilva avrà automaticamente un danno economico di circa 27 milioni di dollari, che sarebbero chiesti quale risarcimento allo Stato italiano. Lo scrivono i legali dell'Ilva nell'ultima istanza alla Procura per la restituzione dei prodotti finiti. Il mancato dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati dell'Ilva (un milione e 700 mila tonnellate, valore commerciale per l'azienda un miliardo di euro) costituirebbe una "negligenza inescusabile", un "diniego di giustizia" e in ogni caso una "violazione della normativa comunitaria", in relazione alla quale "lo Stato italiano è responsabile anche in caso di colpa non qualificata del magistrato, ove sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente". Questo si legge nell'istanza depositata oggi in Procura a Taranto. Per l'Ilva quei prodotti dovevano essere dissequestrati già il 3 gennaio scorso, giorno in cui è entrata in vigore, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la legge 231/2012 che ha autorizzato l'azienda siderurgica a produrre, pur con gli impianti dell'area a caldo sotto sequestro senza facoltà d'uso, e a commercializzare i prodotti, compresi quelli realizzati prima dell'entrata in vigore della legge.A sostegno della tesi dell'immediato dissequestro, i legali dell'Ilva scrivono che il comunicato stampa pubblicato dalla Consulta sul suo sito istituzionale, "evidentemente su istruzione dello stesso presidente della Corte", relativo alla costituzionalità della legge 231 "costituisce un (ulteriore) elemento di fatto che priva il provvedimento di sequestro di qualunque fumus boni iuris, e che deve dunque essere immediatamente revocato con riferimento a tutti i beni attualmente assogettati al sequestro".
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