giovedì 19 marzo 2020
Al momento sono i test più affidabili per individuare il coronavirus. A chi vengono fatti e perché gli esperti sono divisi sulla possibilità di farli a tappeto invece che solo ai pazienti sintomatici
Il tampone in automobile, partito nei giorni scorsi in Emilia Romagna

Il tampone in automobile, partito nei giorni scorsi in Emilia Romagna

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Abbiamo imparato a ripetere la parola in maniera quasi ossessiva: «Ha fatto il tampone?», «Il tampone è positivo?». Al momento il modo più certo per stabilire se una persona è stata contagiata o meno da Sars-CoV-2 è, in effetti, il tampone. Su cui s'è scatenata, negli ultimi giorni, un'accesa polemica: da una parte le Regioni (prima il Veneto, poi la Toscana e l'Emilia Romagna), convinte che per arginare l'epidemia si debba procedere a tamponi di massa sulla popolazione per individuare tutti i casi positivi, dall'altra l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Istituto superiore di sanità, certi invece che il test sia utile soltanto su chi ha sintomi e che farlo a tutti potrebbe comunque non consegnare una fotografia realistica dell'epidemia dati i tempi di incubazione della malattia. Ecco qui una guida per capire di costa stiamo parlando.

Che cos'è il tampone?

Si tratta di una specie di cotton fioc allungato che viene inserito in bocca e che raggiunge la faringe, da cui preleva un certo quantitativo di muco o di saliva. Per il prelievo, che è assolutamente innocuo, servono pochi secondi. Il campione viene poi analizzato da un laboratorio (all'interno o all'esterno di un ospedale) e, dopo una procedura piuttosto complessa che consiste nella ricerca dell'Rna virale, in un tempo tra le 3 e le 6 ore dà il suo esito. Quest'ultimo viene comunicato dal laboratorio all'ospedale e contestualmente alla Regione, che poi comunica l’informazione alla Protezione Civile nazionale, insieme agli altri casi di coronavirus che sono stati identificati. L’informazione viene poi comunicata nella conferenza stampa quotidiana della Protezione Civile, insieme ai dati sul resto d’Italia: sono i 35.713 dall’inizio dell’epidemia segnalati mercoledì 18 marzo, per intenderci.

A chi viene fatto?

All'inizio dell'epidemia italiana di Covid-19 - il 20 febbraio scorso, a Codogno, con la scoperta del “paziente 1” - i tamponi sono stati fatti a tutti i “contatti stretti” dei contagiati, anche chi non presentava alcun sintomo. Ci si trovava davanti a un focolaio distinto e contenuto, seguito da quello apparentemente altrettanto contenuto di Vo', in Veneto, e si pensava che mappare con precisione la diffusione del virus alla ricerca del “paziente zero”, cioè dell'origine dell'epidemia, potesse servire a contenerlo. Non a caso il primo intervento restrittivo del governo è stato pensato proprio per il Basso Lodigiano e per il paesino veneto, diventate zone rosse e isolate dal resto del territorio. Ma quando i casi hanno iniziato a moltiplicarsi senza sosta, e ovunque, la mappatura del contagio è diventata inutile: la task force ministeriale - composta da esperti dell'Istituto superiore di sanità, della Protezione civile e dal membro dell'Organizzazione mondiale della sanità e consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi - ha deciso che i tamponi andavano effettuati soltanto sui pazienti sintomatici.

Così è stato fino a qualche giorno fa, quando la decisione è stata “corretta” in seguito alle proteste degli operatori sanitari: da Roma è arrivato il via libera a effettuare tamponi anche su tutti i medici e gli infermieri, che sono notevolmente esposti al contagio, che sempre più spesso si ammalano per la mancanza di presidi sanitari e il contatto stretto coi pazienti e che rischiano a loro volta di diffondere il virus negli ospedali.

ll risultato è affidabile?

L'affidabilità del tampone non è del 100%. Secondo gli esperti la percentuale di falsi positivi è compresa tra l’1% e il 4%. Molto più significativo, invece, è il caso dei falsi negativi, ossia di persone che risultano non infette quando invece sono già state contagiate: in generale si stima che questo caso riguardi il 10% delle persone. Ecco perché, per ridurre ogni fattore di incertezza, il test viene ripetuto due volte su ciascuna persona ritenuta a rischio.

Quanto costa?

In sé il test non costa niente. Ha un prezzo il reagente che viene utilizzato per individuare l'Rna virale, che si aggira attorno ai 15 euro. Di solito i tamponi vengono venduti in kit monouso da cento esami.

Quali vantaggi ci sarebbero nel fare il test a tutti?

Fare tamponi di massa permetterebbe di avere contezza quasi completa della diffusione dell'epidemia, dato che - come ormai è stato acclarato da numerosi studi scientifici, l'ultimo appena pubblicato su Science - il coronavirus si presenta in oltre l'80% dei casi senza sintomi o con sintomi lievissimi in chi si infetta. È stato stimato, cioè, che per ogni caso di Covid-19 individuato coi tamponi ce ne sono da 5 a 10 sottotraccia. La certezza di tutti i casi positivi permetterebbe, secondo chi spinge per lo screening di massa, anche di individuare con precisione le misure restrittive da adottare, così da renderle immediatamente efficaci: è il caso della Corea del Sud, dove a fronte di un'iniziale esplosione di casi simila a quella italiana, i contagi sono stati contenuti proprio attraverso la politica dei “tamponi universali” e del controllo di tutti i poitivi tramite GPS.

Per questa linea spingono le Regioni del Nord, in particolare il Veneto, che ai tamponi di massa è ricorso proprio per Vo' (il paese ha 3.300 abitanti circa), dove è stato effettuato anche un secondo test su tutta popolazione. «Se trovo un solo positivo, significa che avrò 10 contagiati in meno», afferma il governatore del Veneto Luca Zaia, precisando che sarà la Regione a farsi carico dei costi. Si partirà con i tamponi sulle categorie più a rischio, i 54mila dipendenti del sistema sanitario e i 3.150 medici di base. Poi
si andrà “a caccia” di chi è già positivo, ma non lo sa. La deliberà sui test on the road' sarà presentata a giorni. Stessa linea per Toscana (sono state istituite unità speciali ogni 30mila abitanti, l'obiettivo è di effettuare 5mila test al giorno)
ed Emilia Romagna, dove da ieri è partito anche il tampone in automobile (uno ogni cinque minuti, dodici all'ora, ha fatto sapere la Regione): si è cominciato dagli operatori sanitari e dai loro parenti, si proseguirà su quante più persone per ridurre i contagi.

Quali invece gli svantaggi?

Il tampone, ripetono gli esperti, è «una fotografia dell'istante». Lo spiega bene il ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla scia di quanto sostenuto da tutte le autorità sanitarie internazionali: «Puoi trovarlo negativo e il giorno dopo è positivo». Questo perché, come abbiamo ormai imparato dall'inizio dell'epidemia, il coronavirus ha 14 giorni di incubazione: se il tampone viene effettuato al settimo giorno, tanto per fare un esempio, possono ancora non essere comparsi i segnali dell'infezione. «La vera strada per combattere il coronavirus è non uscire di casa, tutti» continua il ministro. Cioè, rispettare quell'isolamento che in ogni caso è la diretta conseguenza di un tampone positivo all'interno di una famiglia, di una comunità di lavoro, di un quartiere.

Effettuare tamponi a tappeto, inoltre, comporterebbe uno sforzo straordinario da parte del personale sanitario in un momento in cui gli ospedali di mezzo Paese sono già al collasso. In questo momento la priorità è chiaramente quella di salvare vite.

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