lunedì 19 luglio 2010
Tagli nella manovra. Ora aumenti in vista per le tariffe anche se il ministro dell'Economia, Tremonti, ha assicurato: i pendolari non rimarranno per strada. Ma per sopperire alla sforbiciata del governo i cittadini pagheranno biglietti più cari del 30%.
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Nella lunga contesa fra il Tesoro e le Regioni innescata dalla manovra, è stato uno degli scenari più evocati. Si parla del trasporto pubblico locale. Più croce che delizia per i 15 milioni d’italiani che ogni giorno salgono e scendono da bus, tram, metro e treni; e, in generale, per le tasche dei cittadini, chiamati a contribuire alla vita delle aziende del settore, dove il deficit è una costante e i costi arrivano a essere - come spesso in Italia - quasi doppi da una regione all’altra. «I pendolari non rimarranno per strada», ha detto in un paio d’occasioni lo stesso ministro Giulio Tremonti, negando così le possibili conseguenze drammatiche per il settore sostenute invece dai governatori.Quel che è certo è che, insieme alla sanità, il trasporto è una delle principali voci di spesa nei bilanci regionali. Se prendiamo la recente relazione sul federalismo fiscale inviata dal governo in Parlamento, i bilanci regionali 2008 ci dicono che per il trasporto su strada sono stati spesi 4,664 miliardi di euro. Pari a quasi 78 euro per ogni italiano (di più se poi si tiene conto anche qui degli evasori). Se poi a questi si sommano i 2,85 miliardi per il trasporto ferroviario e i 147,57 milioni per quello marittimo, si arriva a una media totale vicina ai 128 euro a italiano. Un valore che poi cresce per quanti i mezzi pubblici li usano davvero e, quindi, pagano i biglietti.È tanto o poco? Di sicuro le tariffe coprono non più del 30% delle spese correnti di gestione. Il resto è a carico della collettività, per continuare a garantire un servizio che resta comunque essenziale. Al Tesoro si è convinti che ci siano spazi per una gestione più efficiente. Viceversa l’Asstra, che è l’associazione delle imprese di settore, ha presentato nei giorni scorsi un dossier (condotto su un campione di 50 aziende) da cui emerge un quadro di previsioni assolutamente "nero". Ipotizzando che, per sopperire ai tagli statali, le Regioni riducano del 10% i fondi destinati al trasporto locale, secondo l’Asstra le tariffe andrebbero alle stelle (possibili rincari fino al 36%, con il biglietto a tempo che schizzerebbe di media da 1,04 a 1,40 euro) e i servizi subirebbero una cura dimagrante: la riduzione dell’offerta di bus, tram e metro sarebbe di minimo 196 milioni di chilometri l’anno. Con ovvie ricadute sociali, quantificate in almeno 10mila esuberi.Nel federalismo dei trasporti spicca il caso del Molise. Regione che presenta assieme il costo più alto, con 48,83 milioni annui che si traducono in 152,3 euro per ciascuno dei 320mila abitanti del territorio, quasi il doppio dei 78 euro di media nazionale. A suo onore, è però il servizio più efficiente: il costo medio di esercizio è di 1,72 euro a km., indizio del fatto che i mezzi viaggiano pieni. La gestione molisana è sicuramente più efficiente di quella della Campania, che arriva invece a 7,06 euro per km.: un costo zavorrato peraltro da episodi saliti alla ribalta della cronaca, come gli autobus nuovi di zecca rimasti a marcire nei depositi o il fatto che ognuno dei molti autisti percorre una media di 18.920 km. l’anno, meno della metà dei 42.624 km. di un autista dell’Emilia-Romagna. E se il governatore che ha protestato di più a nome dei pendolari è stato Nichi Vendola, si capisce il perché: anche la Puglia, con 520,032 milioni di spesa, è sopra la media (127,5 euro a testa). Pure nei trasporti, insomma, la via verso i costi standard è ancora lunga.
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