venerdì 15 giugno 2012
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​«Abbiamo bisogno di misure che non lascino fiato alle critiche degli osservatori internazionali, sempre pronti a vedere ogni pagliuzza dei nostri provvedimenti. Sulla spesa pubblica i nostri partner si aspettano di più, non vogliono vedere margini d’incertezza. Bene, mostreremo quanto facciamo sul serio con un piano mai visto prima...». Mario Monti suona la carica e chiede ai suoi ministri il massimo sforzo sulla spending review, per ottenere al prossimo Consiglio Ue del 28-29 giugno lo stesso consenso che ebbe alla prima uscita europea da premier. Rispetto all’obiettivo di partenza dei 5 miliardi per il 2012 utili per evitare l’aumento Iva e dare risorse all’Emilia, l’asticella si è alzata: 30 miliardi nel triennio 2012-2014, qualcuno sussurra 50, recuperabili mettendo insieme il lavoro sulla centralizzazione degli acquisti, il taglio degli "enti inutili" e una forte revisione della spesa dei dicasteri.Sui numeri si scatena un piccolo caso. Le agenzie, senza citare fonti, battono una cifra forte, 30 miliardi, ma dallo staff del ministro Piero Giarda commentano allibiti: «Da dove vengono fuori questi numeri? È un azzardo pericoloso...». Poi però la matassa si scioglie, e i conti tornano, anzi sembrano al ribasso. Basta prendere una calcolatrice, suggeriscono gli uomini più vicini al professore esperto di spending review. I 5 miliardi che si vogliono ottenere da qui alla fine del 2012 sono strutturali, dunque nel 2013 e nel 2014 comporteranno risparmi potenziali da 10 miliardi annui, per un totale di 25. A questi si aggiungono i tagli chiesti ai dicasteri, forse sforbiciate lineari e proporzionali al loro budget sulle quali decideranno i singoli ministri. Considerando che il bilancio della macchina statale ammonta a quasi 300 miliardi, recuperare nel prossimo biennio una somma tra i 5 e i 20 miliardi non appare proibitivo. In ogni caso la riduzione di spesa sarà varata non ora ma ad autunno, nell’ambito della legge di bilancio, e dunque fungerà anche da arma per correggere i conti pubblici senza che si parli di "manovra". «Non saranno toccati i servizi», assicurano da Palazzo Chigi, mentre Corrado Passera spera che parte delle risorse vengano reinvestite in nuovi incentivi per l’innovazione.Proprio i tagli ai dicasteri riservano un retroscena: a Monti e Giarda non sono sembrati sufficienti molti dei piani presentati dai ministri a fine maggio. Mettendoli insieme verrebbe fuori poco più di un miliardo. Il premier vuole molto di più per mettere in cantina (non solo per il 2012) l’aumento di due punti dell’Iva e accantonare del tutto la delega assistenziale già impostata dall’ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti. Oggi, durante il Consiglio dei ministri, si farà un primo giro di tavolo. Poi il Comitato interministeriale entrerà nel dettaglio dei 5 miliardi per il 2012, dei quali uno (e non 1,5) potrebbe venire dalla Sanità, ma senza toccare né il fondino per le malattie rare né la spesa farmaceutica (i soldi sarebbero ricavati dai risparmi sugli acquisti di apparecchiature mediche). Dunque il varo del decreto, previsto per il 28, proprio il giorno della partenza di Monti per il Consiglio europeo. Entro il 25, invece, è atteso il voto della Camera al provvedimento governativo che ha istituito la spending review, già licenziato dal Senato.Il Cdm di oggi dovrebbe intanto varare il decreto-sviluppo. Trovata la quadra sulla copertura economica, vengono confermati i provvedimenti fondamentali: 43 incentivi alle aziende vengono accorpati in un unico Fondo per la crescita sostenibile, le aziende avranno sino a 200mila euro per assumere con sgravi dottori di ricerca e laureati doc, le piccole-medie imprese potranno emettere minibond per finanziare infrastrutture e progetti, chi ristruttura casa avrà sgravi del 50 per cento. Previsti snellimenti del processo civile, norme più morbide e finalizzate alla ripresa degli imprenditori vicini al fallimento, procedure "leggere" per riqualificare aree industriali, l’accentramento presso il governo della decisione finale circa le infrastrutture energetiche bloccate dalle regioni. Sul fronte pubblica amministrazione, entrerà in vigore l’obbligo di pubblicare qualsiasi spesa superiore ai mille euro. Il decreto istituisce inoltre un Fondo per la distribuzione di alimenti ai poveri.
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