venerdì 3 settembre 2010
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«Poche possibilità di farsi carico dei casi» Quando bussano alla porta quei casi “difficili”, a volte disperati, c’è un’équipe di personale specializzato che si mette in moto. Cerca di prendere in carico la persona, di sviscerare con la donna tutti i problemi che rendono “impossibile” quella gravidanza, di trovare una strada alternativa all’aborto. Chi lavora nei 183 consultori pubblici che operano in Sicilia contesta con vigore l’accusa di aver creato “abortifici”. Lo dice con chiarezza la dottoressa Francesca Cappello, segretaria regionale dell’Agite (associazione ginecologi territoriali) e in servizio da molti anni al consultorio di Monreale, alle porte di Palermo. «I consultori rilasciano appena il 15-18 per cento del totale dei certificati di interruzione volontaria di gravidanza in tutta l’Isola. Questo vuol dire – aggiunge – che i servizi ospedalieri e i medici privati sono coloro che autorizzano di più all’Ivg e purtroppo noi poi abbiamo pochissime possibilità di prendere in carico i vari casi, sia prima che dopo. La verità è che manca l’integrazione territoriale». L’assessorato regionale alla Salute sta puntando molto alla riorganizzazione degli interventi nell’area materno-infantile e nella bozza del futuro piano sanitario regionale viene rilevata l’insufficienza numerica dei consultori (183 pubblici e 9 convenzionati contro i 250 indicati dalla normativa), soprattutto nelle grandi città (Palermo, Messina e Catania) e nei territori provinciali, ma anche l’incompletezza del personale, soprattutto le ostetriche e spesso anche le assistenti sociali.Un punto di partenza difficile, che però non impedisce agli operatori sul territorio di battersi quotidianamente per la prevenzione, soprattutto quella dell’Ivg. «Quando arriva una donna in gravidanza, che manifesta gravi difficoltà, soprattutto di natura economica – aggiunge la dottoressa Cappello – per prima cosa fa un colloquio con un’assistente sociale o una psicologa. Insieme cerchiamo di trovare soluzioni alternative in ambito intrafamiliare o nel privato sociale. Indirizziamo verso strutture di accoglienza, verso il Centro aiuto alla vita. Tutti gli operatori sono dotati di grande sensibilità».«Non esistono contributi pubblici a sostegno delle maternità difficili, i Comuni hanno enormi problemi economici – ribadisce Giovanna Romeo, responsabile provinciale dell’Agite e per vent’anni ginecologa al consultorio di Borgo Nuovo a Palermo –. Ma noi offriamo un sostegno importante e cerchiamo di incoraggiare al massimo la donna che si rivolge a noi».E sulle pareti bianche, sugli armadietti dei medici, spuntano faccine sorridenti e sdentate, spesso color cioccolato, “ex voto” laici di vite venute alla luce grazie a una parola, a un gesto fatti da quelle équipe. «Con la Regione Sicilia stiamo mettendo in piedi un programma multiregionale di prevenzione dell’Ivg tra le straniere – aggiunge la Cappello –. Dobbiamo fare in modo che tutte le donne abbiano uguale accesso ai servizi».

Alessandra Turrisi


Presidi pubblici ko Per fortuna ci sono i cattolici
Pochi soldi, personale insufficiente, molti problemi, sforzi enormi per dare risposte: la fotografia dei consultori familiari pubblici a Napoli ha bisogno di pochi elementi per essere chiara. Anche sulle 16 strutture cittadine, già in condizioni precarie, sia economiche sia logistiche, si sono infatti riversati gli effetti dei tagli alla sanità campana, conseguenza dei debiti e dello sforamento del patto di stabilità regionale.«Lavoriamo in pratica a livello di volontariato», denuncia un operatore che preferisce restare anonimo nel caos che da mesi sta travolgendo l’Asl Napoli 1, la più grande d’Europa e anche la più indebitata. «Facciamo il possibile con il minimo di operatori – continua –. Ma tra poco non avremo nemmeno la carta da mettere sui lettini per non parlare degli stipendi sempre in arretrato».Una situazione estrema che costringe a prendere in esame solo i casi che, sottolinea lo stesso operatore, «siamo sicuri di poter seguire fino in fondo perché comunque non ce la sentiamo di abbandonare chi si rivolge a noi, le famiglie, la donna incinta, il bambino, l’immigrata». Ai consultori napoletani approdano i problemi di una città economicamente e socialmente complessa ed incerta nell’offerta dei servizi. Una città dove l’aborto clandestino non ha mai conosciuto soste e dove le gravidanze tra minorenni sono in aumento. «Perciò – conclude l’operatore – non esitiamo ad invitare le persone a recarsi ai consultori gestiti dal volontariato, al Centro aiuto per la Vita e anche alla Caritas. Nella speranza che seguano il nostro consiglio e che non si sentano tanto sfiduciate da abbandonare qualsiasi tentativo per ricevere aiuto». Nella mappa dei consultori non pubblici figurano quattro Cav, dislocati in varie zone di Napoli, affiancati dalla Casa del Sorriso, da Villa Aurora e dalle Suore della Redenzione, e due consultori familiari cattolici: l’Istituto Toniolo e “La Famiglia”. Organizzato nel 1990, il “Toniolo” offre interventi per situazioni di tipo sociale, psicologico, sanitario e relazionale e per offrire risposte adeguate ha sviluppato una rete di collaborazione con i servizi pubblici e con il Terzo Settore.“La Famiglia” è stato invece fondato oltre 30 anni fa dal gesuita padre Domenico Correra ed è stato il primo consultorio in Italia ad istituire la Scuola per genitori. Consultorio libero, ma riconosciuto dallo Stato, “La Famiglia” si avvale esclusivamente dell’opera di un numeroso gruppo di volontari qualificati. Così spiega padre Correra: «Perseguiamo il fine di far “crescere” la persona e la famiglia, aiutando a prendere coscienza dei problemi e ad operare coerentemente dando le giuste motivazioni».

Valeria Chianese

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