domenica 10 settembre 2017
Andrea Riccardi spiega il senso di «Strade di pace» : «Bisogna rilanciare l’Ue come luogo di dialogo e riappropriarci della funzione di ricucire il mondo lacerato da guerre e terrorismo».
Assisi 1986. Giovanni Paolo II con i rappresentati delle chiese cristiane e delle altre religioni

Assisi 1986. Giovanni Paolo II con i rappresentati delle chiese cristiane e delle altre religioni

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Il dialogo e la preghiera sono due facce della stessa ricerca di pace. E in questo mondo governato dalle guerre, dal terrorismo e dalla violenza diffusa, le religioni «sono chiamate a lavorare come artigiani per aprire strade di pace». Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, perciò ripete che non bisogna stancarsi mai di cercare il punti d’incontro e di considerare «l’Europa come costruttore di pace».

Da oggi a martedì il movimento organizza in Germania Strade di Pace, l’incontro internazionale nello "spirito di Assisi". Qual’è il senso?
Guardiamoci intorno. Le strade di pace si stanno chiudendo, pensiamo alla situazione in Asia e alla Corea del Nord per questo avremo una grande rappresenta delle religioni giapponesi, coreana, della chiesa cattolica cinese. Pensiamo poi al terrorismo, allo scontro etnico-religioso, al tema dei migranti che avrà un’attenzione particolare, perché lo scontro tante volte si traduce in repulsione dei migranti. Qui si spiega la presenza di personalità come padre Alejandro Solalinde, il religioso che in Messico ha salvato più di 20mila migranti dai narcos. Quindi ci troviamo davanti a scontri di civiltà e disumanità, perciò bisogna aprire strade di pace a partire dalla vita sociale, dai religiosi. Perché le religioni sono una casa tra le case, non sono un’istituzione lontana dalla vita della gente, accolgono le loro gioie, i dolori, le invocazioni. Dico questo per spiegare come le religioni sono chiamate oggi a lavorare come artigiani per aprire strade di pace. La globalizzazione è infatti avvenuta, ma diceva il patriarca Atenagora: guai se il mondo si unificasse e i cristiani restassero divisi. Oggi non solo i cristiani sono rimasti divisi, ma i mondi religiosi non comunicano, cioè non c’è una globalizzazione spirituale, che vuol dire dialogo, incontro, cooperazione. E lo spirito di Assisi voluto da Giovanni Paolo II è proprio questo: la globalizzazione delle religioni, il dialogo sulla scena internazionale come sulla piccola scena locale.

Perché in Germania?
Qui siamo nel cuore del processo di unificazione europea, siamo in Wesfalia nell’anniversario dei trattati e la presenza del cancelliere tedesco Angela Merkel rafforza il tutto. C’è dunque un impegno europeo: l’Europa come luogo di dialogo, e pluribus unum. L’idea europea oggi va rilanciata e si parlerà molto di questo. Il futuro dell’Europa è difatti nel dialogo e anche nel rapporto con l’Africa. La presenza del presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, significa puntare sulla cooperazione euro-africana. Credo che bisogna far crescere questi ponti di dialogo, non bisogna smettere. Qualcuno chiede: a che cosa serve il dialogo? Quanto peggiore sarebbe il mondo se non ci fosse il dialogo, dico. A che cosa serve la preghiera? Eppure cosa sarebbe il mondo senza la preghiera. Paolo VI, nell’Ecclesiam suam, affratella il dialogo alla preghiera e lo spirito di Assisi è dialogo e preghiera, come due dimensioni della stessa ricerca della pace. Perciò bisogna riappassionarci a questa opera di ricucitura del dialogo, alla nostra funzione di costruttori di pace, a riparare il mondo lacerato con una pazienza artigianale. A partire dalle nostre città, a partire dalle nostre periferie.

Tra le tante presenze c’è quella del grande imam di Al-Azhar Al-Tayyeb.
È il segno del dialogo tra Oriente e Occidente, che riprenderemo con lui a Roma all’inizio di ottobre. È una presa di posizione contro il terrorismo, sottrae la giustificazione islamica al terrorismo; è il simbolo di un islam che crede nel vivere insieme, perché orami la sfida è vivere insieme tra diversi. E questo deve avere un’anima, altrimenti s’infiltreranno odii, passioni negative e si arriverà ad atti violenti. Ora infatti il mondo non solo conta alcune guerre aperte e il terrorismo, ma anche un tasso incredibile di violenza diffusa. Il dialogo è la risposta. Anche al terrorismo, che può farci molto male, ma non mai potrà vincere.

Nel 2016 all’incontro venne anche il Papa. Che eredità ha lasciato?
Francesco manderà un messaggio importante anche quest’anno. L’eredità in cui ci muoviamo è lo spirito di Assisi voluto Giovanni Paolo II, la cui fiaccola è stata raccolta da papa Francesco e rilanciata ad Assisi lo scorso anno con l’affermazione: nessuna guerra è santa, solo la pace è santa.

Economia, giustizia, disarmo, salute, ambiente. Si parlerà anche di questo a Münster. Sembrano temi lontani dalla pace...
La pace è però il filo sotteso a tutto, perché il contrario della pace non è la guerra, ma l’egoismo che è la madre dei conflitti, della violenza e alla fine della guerra. Perciò bisogna lavorare sul tessuto umano del mondo, chiedere ai religiosi delle diverse fedi di confrontarsi: questa è la radice fondamentale di temi che sembrano lontani, ma sono il prisma della vita del mondo, sono problemi con cui le religioni si confrontano. Ed esse hanno un tesoro unico per la salvezza del mondo.

Il programma

Ambiente, economia, migranti e salute: ecco le tante strade di pace

Da una parte i rappresentanti delle diverse religioni, giunti da tutti i continenti. Dall’altra il popolo: giovani e adulti provenienti da tutta Europa. Nei tre giorni Strade di Pace-Paths of Peace, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio fino al 12 settembre a Münster e Osnabrück, si cercherà di offrire un terreno di dialogo per trovare risposte a problemi aperti come quello ambientale, del diritto alla salute per tutti e dei migranti. Oggi pomeriggio all’inaugurazione parteciperanno, tra gli altri, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, il grande imam di Al-Azhar Al-Tayyeb e il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. E sarà letto anche il messaggio di papa Francesco. Lunedì e martedì l’incontro continuerà con 24 panel e due focus su Iraq e Tunisia a cui parteciperanno, tra gli altri, dieci tra arcivescovi e cardinali, il patriarca di Antiochia Giovanni X, il direttore del Gran Rabbinato di Israele Moshe Dagan, il rappresentante della moschea di Lahore (Pakistan) Muhammad Abdul Khabir Azad.



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