martedì 5 aprile 2022
Dopo l'investimento mortale in A10 di due migranti e i respingimenti continui, il presule ligure chiede parità di trattamento alla frontiera tra ucraini e gli altri profughi.
A10, direzione Francia: migranti travolti

A10, direzione Francia: migranti travolti - Ansa

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Basta discriminazioni al confine francese. Lo ha chiesto alle autorità francesi il vescovo di Ventimiglia-Sanremo, Antonio Suetta. Perché ai valichi passano i profughi ucraini e vengono invece respinti i migranti africani e asiatici che in Ucraina risiedevano, nonostante i permessi di soggiorno rilasciati dal paese invaso dai russi. Stessa sorte tocca dal 2015 a tutti gli altri profughi in fuga da guerre non meno cruente che spesso vogliono ricongiungersi alle famiglie.

Intanto è stato identificato uno dei due migranti uccisi sulla A10 dal furgone sabato scorso mentre tentavano di attraversare l’autostrada a piedi per raggiungere l’area di servizio e infilarsi in un camion per attraversare la frontiera. Si tratta di un indiano di 36 anni. Resta invece sconosciuta l’identità dell’altra vittima e del ferito, ricoverato a Pietra Ligure in gravi condizioni. Con questo incidente il bilancio dei migranti morti per passare la frontiera nel 2022 sale a quattro vittime.

«Si tratta dell’ennesima disgrazia legata al fenomeno migratorio – ha dichiarato il vescovo Suetta – e specificamente al tentativo di passare il confine italo-francese, impresa sempre difficile e complicata per la chiusura della frontiera e dei continui respingimenti da parte delle autorità francesi: di fatto non viene riconosciuto alle persone straniere il diritto di movimento e queste purtroppo sono costrette a rischiare la vita nel tentativo di raggiungere la meta desiderata, spesso individuata da un ricongiungimento familiare o da una prospettiva di lavoro e accoglienza. Osservo favorevolmente che non ci sono problemi per i profughi ucraini, ma denuncio con chiarezza che continuano i controlli e i respingimenti di sempre per gli altri migranti, anche per quelli che scappano dalla guerra e per alcuni in fuga dall’Ucraina, ma di origine africana: la Caritas ha accolto recentemente persone nigeriane che stavano cercando rifugio provenendo dall’Ucraina e sono state respinte dalla Francia. Tutto ciò rappresenta una grave violazione dei diritti e una indegna offesa alla dignità umana».

Un mese fa vennero infatti respinti dai francesi otto nigeriani, quattro universitari a Kharkiv e una coppia con due figli piccoli, tutti muniti di permessi di soggiorno in Ucraina. Dopo aver passato il 26 febbraio il confine con l’Ungheria, hanno raggiunto l’Italia attraverso l’Austria. A Milano hanno preso il treno per la Francia, ma a Mentone sono stati fermati il 3 marzo e respinti. Inutili le osservazioni della polizia di frontiera italiana agli inflessibili colleghi francesi. Caritas Intemelia, dopo averli ospitati nella casa di transito diocesana nella città vecchia, li ha aiutati a ritornare nel capoluogo lombardo. La famiglia e uno studente sono rimpatriati in aereo. Gli altri sono probabilmente in Spagna ad attendere la fine del conflitto. Ma se ai primi di marzo la direttiva europea per l’accoglienza dei profughi era in via di approvazione, la scorsa settimana è stata disattesa nei confronti di otto cittadini del Bangladesh che studiavano in Ucraina e che si erano iscritti per proseguire gli studi in un ateneo portoghese. Il viaggio è stato interrotto dalle guardie francesi senza esitazioni.

Suetta ha chiesto alle autorità transalpine di interrompere «tali ingiuste discriminazioni e condotte, che ricadono pesantemente su persone povere e indifese» e alla autorità italiane di dare «tempestivo compimento al centro di accoglienza temporaneo previsto a suo tempo per il nostro territorio di confine». Il secondo appello pare sia stato accolto.

Ieri il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè a Imperia ha dichiarato che «l’ipotesi di un centro è quella che secondo me va ricercata, soprattutto nell’immediato». Fermo da mesi il progetto di aprirne uno a Mortola, l’ipotesi preferenziale resta la riapertura, per massimo 90 stranieri, del centro del Parco Roya, chiuso nell’estate del 2020 dalla nuova giunta di centro destra che è dovuta tornare sui suoi passi.

«Chiediamo da quasi due anni di riaprire Parco Roya – ricorda Maurizio Marmo, presidente di Caritas Intemelia – perché anche in questi mesi abbiamo registrato dagli 80 ai 150 passaggi al giorno e dormono tutti in strada. Bisogna fare in fretta». Gli sbarchi sono diminuiti, ma la ripresa estiva potrebbe riportare l’emergenza sul confine occidentale.

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