sabato 18 settembre 2010
Via al decreto federalista per la Capitale, con il sì unanime a Palazzo Chigi. Il sindaco Alemanno: «Primo passo importante, ora il codice delle autonomie». Ma Bossi: «Ora una al Nord». Ed è polemica. La replica dei ministri Meloni e La Russa: «Basta slogan su cosucce. Fanno propaganda e poi smontano».
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A dare la notizia, appena uscito da Palazzo Chigi, è proprio l’inquilino del Campidoglio. Il sindaco Gianni Alemanno esce dopo l’approvazione compatta, ministri Bossi e Calderoli compresi, del decreto su Roma Capitale, che sarà pubblicato oggi stesso sulla Gazzetta Ufficiale. «È il primo passo necessario e importante – dice euforico Alemanno – per dare alla nostra città una governance adeguata al suo ruolo di capitale d’Italia e al suo valore internazionale». Forse per compensare il via libera della Lega, Umberto Bossi non può esimersi da una battuta dedicata allo zoccolo duro leghista: «Ora ci vuole quella del Nord», dice il senatùr. «Lo abbiamo votato – ironizza – solo perché il sindaco Alemanno è venuto piangendo». E i governatori leghisti gli fanno da sponda: il veneto Luca Zaia spera «che sia l’ultima volta che sentiamo di queste operazioni» e definisce «Roma vorace», il piemontese Roberto Cota come contropartita chiede «un ministero a Torino». «No, non piangevo – replica Alemanno – anzi ero molto contento. Ma Bossi scherza sempre un po’ troppo». E sul leader del Carroccio piovono critiche. Non solo di Bersani e dei finiani, ma anche dei ministri La Russa, Ronchi e Meloni.Il processo comunque non è concluso. Il primo passaggio sarà l’approvazione del codice delle autonomie, spiega il sindaco che chiede correzioni in corsa «sul numero dei consiglieri: impensabile che una città di 2,8 milioni di abitanti abbia lo stesso numero di consiglieri di una di 200 mila». Oggi sono 60, il decreto li ridurrebbe a 48. Poi ci sarà il confronto col governatore del Lazio Renata Polverini e il ministro Roberto Calderoli per l’attribuzione dei poteri alla Capitale. Alemanno ringrazia «anche l’opposizione e in particolare il Pd che ha appoggiato il processo». Tra le principali novità, i tetti massimi di 15 municipi (ora sono 19) e di 12 assessorati, l’incompatibilità tra ruolo di consigliere e assessore, la procedura d’urgenza per l’attività dell’assemblea capitolina su alcuni provvedimenti, il monitoraggio del livello dei servizi da affidare a terzi, gli strumenti di partecipazione e consultazione anche permanente con i cittadini.«Subito dopo l’approvazione - racconta ancora Alemanno - il sottosegretario Gianni Letta mi ha detto che i ministri della Lega avevano votato contro. Poi mi ha rivelato che c’era stata l’unanimità. Ho ringraziato tutti e ho abbracciato Calderoli, determinante in questo processo». Bossi però, non riesce a non dire la sua. E diversi ministri non gradiscono l’uscita. Giorgia Meloni definisce «poco eleganti le battute di Bossi». Andrea Ronchi parla di «umorismo» ma gli ricorda che «come sancisce la Costituzione, la capitale d’Italia è una, Roma». «Le capitali al Nord ci sono già – taglia corto Ignazio La Russa – e sono i capoluoghi di Regioni. E naturalmente Milano, che dagli anni ’60 chiamiamo capitale economica. Ma la Capitale politica, simbolo dell’unità nazionale è Roma». Più netti i finiani del Fli. Dice Fabio Granata: «Come la Padania non esiste, così Roma è l’unica capitale. Quella di Bossi è storia e geografia creativa». «Sarebbe straordinario – ironizza Carmelo Briguglio – un Paese con due capitali». Più netto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani: «Basta slogan, la gente pensa al lavoro, non a queste cosucce. Da un lato la propaganda, che parla di "un fatto epocale", dall’altra si preoccupano di smontarle dicendo "l’abbiamo fatto perché il sindaco piagnucolava". Recuperino un po’ di serietà politica».
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