mercoledì 18 settembre 2013
Non passa la proposta Buemi di attendere l’interdizione giudiziaria. E spunta un nuovo ricorso in Cassazione.
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«Quando si fa una legge, si crede a quello che si fa. Adesso la sua applicazione spetta al Parlamento e mi sembra inopportuno intervenire. Ma ricordo che eravamo d’accordo anche quando con tutti quanti, col ministro Cancellieri, il presidente Monti e Patroni Griffi, dopo un lungo e accurato approfondimento, abbiamo varato la legge...». È l’ex Guardasigilli Paola Severino a rammentare come la legge anti corruzione che porta il suo nome, varata appena un anno fa, sia stata condivisa da quelle stesse forze parlamentari che oggi si accapigliano sulla sua applicazione. Un memento che non smorza il clima acceso che agita i lavori della Giunta per le elezioni del Senato, chiamata a pronunciarsi sulla decadenza di Silvio Berlusconi, dopo la sua condanna in Cassazione a 4 anni (3 indultati) nel processo Mediaset. «Voto segreto? Su questo non intendo esprimere opinioni...», avverte nel pomeriggio, dopo la fase di discussione, il presidente della Giunta per le Elezioni del Senato, Dario Stefano (Sel), appellandosi all’aplomb istituzionale per non commentare la richiesta avanzata dal M5S, che ha depositato una proposta di modifica del regolamento per abolire il voto segreto. Stasera i 23 commissari della Giunta metteranno ai voti il documento del relatore Andrea Augello (Pdl), che probabilmente sarà bocciata, visto che il centrodestra è in minoranza: 6 voti, contro 16 di centrosinistra e grillini, più il socialista Enrico Buemi, meno "etichettabile". Ed è stato proprio quest’ultimo a rilanciare ieri in Giunta la proposta di sospendere l’operatività del giudizio fino a che la Corte d’appello di Milano, rideterminando la durata dell’interdizione dai pubblici uffici (fra 1 e 3 anni) come chiesto dalla Cassazione, comporterà la cancellazione del Cavaliere dalle liste elettorali. Ma il centrosinistra boccia in coro il «lodo Buemi»: «Non è accoglibile» per il presidente Stefano, «è irricevibile» per Felice Casson (Pd) e «impercorribile» per il grillino Michele Giarrusso.A movimentare la vigilia, è stato infine il coup de théâtre di un ricorso in Cassazione, per chiedere l’annullamento della sentenza Mediaset, presentato ieri mattina dall’avvocato Daniele Morelli e dal «mediatore conciliatore» Maurizio Benedettini, in qualità «di cittadini-elettori» che poi ne hanno depositato copia presso la Giunta del Senato. Il ricorso, visionato da Avvenire, chiede l’annullamento della sentenza, lamentando una presunta violazione dell’articolo 67 dell’ordinamento giudiziario (il collegio penale di 5 toghe sarebbe stato "promiscuo" perché composto da un giudice civile, Giuseppe Di Marzio) e il fatto che le tabelle per la composizione della sezione feriale andavano presentate entro il 10 maggio e non, come avvenuto, l’11 luglio. Un’iniziativa indubbiamente estrosa, ma che non dovrebbe incidere sui lavori della Giunta («Noi ci basiamo su una sentenza in giudicato e non possiamo certo fermarci per iniziative di singoli cittadini», ragiona la vicepresidente Stefania Pezzopane, del Pd). E che è stata sconfessata sia dai legali del Cavaliere che da una nota di Palazzo Grazioli: «È un’iniziativa personale non concordata né condivisa», non autorizzata «in alcun modo dal presidente Berlusconi».
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