domenica 9 gennaio 2011
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Da molto tempo, ormai, le cellule staminali sono al centro della ricerca scientifica mondiale, nel 2010 appena concluso, però, dobbiamo registrare nuovi approcci e risultati soprattutto nel campo di malattie importanti e di grande diffusione come il diabete, sindromi genetiche o neurodegenerative, strategie innovative contro i tumori o addirittura le infezioni virali.Il tempo, insomma, ha dato ragione a chi ha visto nell’utilizzo delle cellule staminali adulte o riprogrammate realistiche speranze di soluzioni a patologie incurabili. Pur con la dovuta cautela e attenzione nella comunicazione delle scoperte, infatti, rimane il fatto che gli studi sperimentali avanzano a piccoli passi in molti casi verso l’applicazione sull’uomo, per alcune condizioni già in corso o effettuata con successo, in altri ragionevolmente auspicabile viste le premesse degli studi pre-clinici.Insomma, molte delle aspettative non sono state deluse e si continua a credere nel progresso delle ricerche, arricchitosi in questi ultimi tre anni della possibilità di ottenere da cellule adulte specializzate cellule non differenziate mediante il metodo della riprogrammazione genetica. Moltissimi laboratori sparsi in tutto il mondo hanno raccolto questa sfida intuendone le enormi potenzialità, tra le quali quella di creare in laboratorio modelli di ogni malattia da poter studiare. E nuovi scenari si sono aperti nel settore della medicina rigenerativa.Ma la ricerca risulta "al bivio" per tanti diversi approcci che hanno permesso di avvicinarsi alle malattie maggiormente diffuse. Nell’ambito genetico, la possibilità di mappare il genoma di ognuno, con costi che non sono più proibitivi come un tempo, concede di avanzare nell’idea di una medicina "personalizzata" mentre la terapia genica sta cominciando ad estendersi anche a patologie non rare.Infine, si avvicina la sperimentazione clinica di fase I su pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica con cellule staminali cerebrali prodotte dal "Laboratorio cellule staminali, Cell Factory e Biobanca" dell’Azienda ospedaliera di Terni, guidato da Angelo Vescovi. Si concluderà a breve, infatti, il complesso iter burocratico che ha visto ad ottobre l’Agenzia italiana del farmaco concedere l’autorizzazione allo studio.LESIONI SPINALI: DOPO 15 GIORNI RIPARATO IL MIDOLLOCOSI I TOPI HANNO RIPRESO A CAMMINAREC’è chi da anni lavora anche in Italia sul trauma spinale nel tentativo di evidenziare una possibile via di cura. L’equipe di Alfredo Gorio, ordinario di farmacologia della facoltà di Medicina dell’Università di Milano, indaga le lesioni del midollo dal punto di vista neurologico e traumatologico, approfondendo il meccanismo della risposta neuroinfiammatoria e ischemica acuta dopo il trauma e il possibile ruolo terapeutico delle cellule staminali in questo ambito. I risultati ottenuti sono stati notevoli: iniettando in topi staminali adulte prelevate dal loro cervello, 24 ore dopo l’induzione di un trauma, è stato visto che il 2-3% di queste cellule raggiunge il midollo ed entro 15 giorni l’animale ricomincia a camminare perché recupera la funzionalità degli arti posteriori. È stato evidenziato un sottotipo di cellule capace di bloccare l’azione di eliminazione da parte dei macrofagi e di differenziarsi in neuroni riparando il tessuto lesionato. E, in un passo successivo, staminali capaci di resistere in questo ambiente povero di ossigeno grazie alla regolazione dell’ormone eritropoietina che ne induce la trasformazione stabile in neuroni facendo perdurare così nel tempo l’azione riparatrice. Diversi i risultati sulle staminali embrionali di topo ugualmente testate: colonizzano anche aree di tessuto nervoso intatto perché meno controllabili nei loro effetti. «Siamo molto soddisfatti e fiduciosi della nostra ricerca – ha dichiarato il farmacologo – e il prossimo obiettivo è quello di indagare la presenza di queste staminali resistenti nell’uomo». DIABETE: DAL TRAPIANTO DI CELLULE DEL PANCREASALL’AUTOPRODUZIONE DI INSULINAAvanza la strada della terapia cellulare per la cura del diabete: la strategia innovativa basata sul trapianto di cellule del pancreas è un traguardo meno lontano per Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute and Cell Transplant Center di Miami. Il protocollo si basa sull’estrazione e purificazione delle "isole di Langerhans", i grappoli di cellule endocrine che contengono le cellule beta produttrici di insulina, dal pancreas umano, generalmente di un donatore multiorgano deceduto. Le isole vengono trapiantate nel fegato del ricevente inducendo il fegato a diventare un doppio organo nella funzione. A questi trapianti, tuttora sperimentali e con il rischio di rigetto, si affianca la ricerca per ottenere cellule che producano insulina da staminali o tramite riprogrammazione cellulare. Il vantaggio sta nel fatto che ogni paziente potrebbe diventare la fonte stessa della propria cura e non occorrerebbe alcuna terapia anti-rigetto. Vengono attualmente studiati il cordone ombelicale e il tessuto adiposo, capaci di produrre staminali in quantità illimitata. «Non ho dubbi – ha affermato Ricordi – che il futuro del trattamento del diabete richiederà una terapia cellulare o una strategia di medicina rigenerativa dove il trapianto lascerà il posto alla prevenzione del danno permanente o alla rigenerazione della funzione compromessa. Questa strada non tratta il diabete solo in senso migliorativo come i farmaci, senza alcun impatto sulla frequenza della malattia che affligge ben 240 milioni di persone al mondo, ma è capace di risolvere il problema».TUMORI: CELLULE MODIFICATE CON LA PROTEINA CHE AGISCE COME KILLER SELETTIVOUn possibile nuovo ruolo delle staminali nella lotta ai tumori. Questo è ciò che ha messo a punto il gruppo guidato da Alessandro Massimo Gianni, direttore della Struttura complessa di Medicina oncologica 3 dell’Istituto nazionale dei tumori, studiando come sfruttare il naturale meccanismo di eliminazione del sistema immunitario mediante il riconoscimento delle molecole di membrana. Nella fattispecie, staminali ematopoietiche sono state dotate del recettore di una proteina già conosciuta per le sue proprietà killer contro i tumori, la proteina "trial". Inserendo nelle staminali il gene per questa molecola tramite un vettore virale, le cellule si sono dimostrate capaci in vitro di eliminare tessuti tumorali di tutti i tipi, sia epiteliali che del sangue, con un’efficienza maggiore rispetto alla forma solubile di "trail" utilizzata già come farmaco. Negli animali, inoltre, iniettando le cellule modificate in topolini malati di linfoma, ben il 40% è sopravvissuto e non ha più sviluppato tumori a lungo termine. L’obiettivo è quello di passare al trattamento clinico di pazienti con questa procedura, e, parallelamente, per avere una possibilità applicativa maggiore, produrre dalle staminali modificate microvescicole, ossia frammenti di cellule, o microsfere per veicolare la proteina come farmaco personalizzato. Gli autori scommettono su risultati molto positivi di questo studio date le premesse: la molecola, infatti, non è tossica ed è ben tollerata, mentre il suo recettore è ubiquitariamente espresso da tutti i tumori. AIDS: APERTA UNA NUOVA POSSIBILITA':UNA MODIFICA GENETICA CURA L'INFEZIONENel campo dell’ematologia è stata pubblicata a fine anno sulla rivista "Blood" la notizia che un uomo affetto da leucemia e Aids è completamente guarito – a distanza di quattro anni – grazie a un trapianto di staminali midollari da donatore compatibile. Il donatore era portatore di una rara mutazione genetica posseduta dall’1% della popolazione mondiale di razza caucasica, che determina la caratteristica di resistere al virus dell’HIV. Il paziente dunque, sieropositivo e affetto da leucemia mieloide acuta, a meno di quattro anni dall’intervento non ha più tracce nel proprio sangue e nel liquido spinale del virus e il suo sistema immunitario ha ripreso perfettamente a funzionare. La strada del trapianto è una procedura estremamente rischiosa e non applicabile su larga scala ma questo caso ha fornito un utile contributo alla ricerca. «Questo studio è assai interessante – commenta Mario Milco D’Elios, immunologo di fama internazionale dell’Università di Firenze – poiché apre la strada a nuove terapie personalizzate per la cura dell’Aids. Dimostra, infatti, che il trapianto di cellule staminali ottenute da un soggetto sano portatore di una rara mutazione genetica, quella a carico del recettore ’CCR5’ che è indispensabile al virus HIV per infettare il linfocita T, e quindi capace di rendere resistenti al virus stesso, è in grado di curare l’infezione». TALASSEMIA: TERAPIA GENICA MIRATAPRONTA ALLA «RIPRODUZIONE»Dopo dieci anni di sperimentazione preclinica e altrettanti di lavoro clinico, presso il Dipartimento di bioterapia dell’Ospedale pediatrico Necker di Parigi, un paziente affetto da beta talassemia è risultato guarito da ben tre anni grazie a un trapianto di staminali corrette geneticamente. Un vero e proprio protocollo di terapia genica: la beta talassemia è infatti una malattia ereditaria molto diffusa caratterizzata da un’insufficiente produzione di emoglobina dovuta a una mutazione del gene delle beta-globine, che formano con le alfa-globine la molecola. La pediatra ed ematologa Marina Cavazzana-Calvo ha guidato il team che ha raggiunto questo risultato. Sono state isolate le staminali del midollo osseo del paziente e modificate in vitro con la copia sana del gene. Dopo vari controlli di sicurezza, le cellule sono state reinfuse nel paziente sottoposto a chemioterapia per disattivare le funzioni del suo midollo osseo. Il monitoraggio del risultato continuerà a lungo ma il clone "buono" che produce emoglobina sana si è stabilizzato. «La terapia genica è uno dei versanti caldi della ricerca», ha commentato il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Fino ad ora elitaria e riservata a malattie rarissime quali alcune immunodeficienze congenite e poche altre, la terapia genica sta per fare il salto che ci aspettavamo da anni, quello cioè di curare una malattia a diffusione mondiale come la talassemia. È importante, infatti, riprodurre il successo terapeutico sul maggior numero possibile di pazienti».
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