giovedì 19 dicembre 2013
La relazione sospesa dal Tar: non esclusi Aids, epatiti, Bse.
Tra vero dolore e strumentalizzazioni
di Augusto Pessina
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Una vicenda "dai profili giudiziari inquietanti". Così il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, definisce la vicenda del metodo Stamina, mentre la commissione Sanità del Senato annuncia oggi l'avvio di un'indagine conoscitiva in merito. Una storia dai molti interrogativi, quella legata al presidente di Stamina Foundation Davide Vannoni, sulla quale sono giunte nuove rivelazioni: non ci sarebbero cellule staminali nelle infusioni effettuate ai pazienti secondo il metodo Stamina, come invece sostenuto dall'ideatore del protocollo.Virus dell'Aids, delle epatiti B e C, virus oncogeni, batterio della sifilide. Sono alcuni dei possibili rischi infettivi che non si possono escludere per i pazienti che ricevono le iniezioni preparate con il metodo Stamina, secondo quanto il primo comitato di esperti chiamato a esprimersi sul protocollo ha relazionato al ministero della Salute. Un parere poi giudicato non imparziale dal Tar del Lazio, nell'ordinanza con cui ha sospeso l'effetto delle conclusioni degli scienziati.Nei documenti presentati da Stamina Foundation gli scienziati denunciano l'assenza di informazioni che escludano anche contaminazioni a rischio di Bse. "Il protocollo - si legge nelle carte pubblicate dal quotidianoLa Stampa e in possesso dell'agenzia AdnKronos  - prevede l'utilizzo sia di cellule dello stesso paziente (autologhe) che di cellule da donatore (allogeniche). Manca tuttavia l'indicazione di un piano di identificazione, screening e testing di donatori allogenici. Questo esclude, tra l'altro, la verifica del rischio di malattie e agenti trasmissibili (Hiv-1, Hiv-2, Hbv, Hcv, treponema pallidum, Htlv-1, Htlv-2, Cmv, Cid). In assenza di tali controlli, l'impiego di cellule da donatore potrebbe rappresentare un rischio per i pazienti".Inoltre, continuano gli esperti "il fatto che il protocollo preveda somministrazioni ripetute (5 cicli costituiti ciascuno da un'infusione endovenosa più una intrarachidea) potrebbe aumentare il rischio di fenomeni di sensibilizzazione con complicanze anche gravi (ad esempio encefalomielite)". E ancora: "Data la natura del materiale di partenza (carota ossea) (...) questo tipo di preparazione comporta il rischio di iniezione di materiale di origine ossea al livello del sistema nervoso". In sostanza - riassumono gli esperti - in aggiunta ai rischi legati alla possibile contaminazione delle cellule e alla possibile iniezione intrarachidea di materiale osseo, non essendo possibile comprendere le caratteristiche e quindi le potenzialità fisiologiche della popolazione cellulare ottenuta, risulta impossibile stabilirne il profilo di sicurezza".Quanto al rischio Bse, si legge ancora nei documenti del comitato al ministero: "Le autorità regolatorie europee, in una linea guida, richiedono che il siero fetale bovino sia sostituito con reagenti di natura vegetale o sintetica. Tuttavia, viene riconosciuto che tale sostituzione non deve avvenire a scapito della qualità del medicinale stesso. Nel caso in oggetto, risulta impossibile stabilire se tale alternativa esiste. Per ridurre i rischi di natura infettiva legati all'uso di reagenti di origine animale, è richiesto che il siero fetale bovino provenga da animali allevati e sacrificati in Paesi privi di Bse mediante certificazione rilasciata dall'European Department for Quality of Medicines e il lotto in uso non contenga contaminazioni batteriche, da micoplasma o di natura virale. Nessuna di queste informazioni è presente nei documenti pervenuti". In conclusione, "manca una definizione biologica del prodotto - osservano gli esperti - Le cellule da iniettare non sono identificate in maniera corretta e non viene presentato alcun saggio funzionale che ne dimostri le proprietà biologiche. Manca un'adeguata caratterizzazione e i pochi controlli di qualità effettuati sul prodotto non permettono di determinare le caratteristiche della popolazione cellulare. Ciò rappresenta un problema non solo in termini di efficacia, in quanto se la preparazione non è ben identificata il metodo non è riproducibile e quindi la potenziale efficacia può essere vanificata, ma anche in termini di sicurezza". In definitiva, il comitato stabilisce "la mancanza di fatto di un 'metodo Stamina', in quanto la metodica non presenta caratteristiche di originalità".
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