mercoledì 17 novembre 2021
A Pozzallo, terra di sbarchi, una tavola rotonda per parlare di accoglienza e di migranti
Monsignor Staglianò

Monsignor Staglianò - Archivio Siciliani

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Restare umani e fratelli tutti: questo il cuore del messaggio che il vescovo di Noto, Antonio Staglianò, delegato per i migranti della Conferenza Episcopale Siciliana, ha lanciato in occasione di una tavola rotonda che si è svolta ieri a Pozzallo, terra di sbarchi e di migranti, per discutere di temi dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti.

Il fenomeno migratorio - ha detto Staglianò - è uno tra i più espliciti segni dei tempi che offre alla Chiesa, e ad ogni uomo rispettoso della propria umanità, l’opportunità di mostrare con concretezza che non fa solo a parole. La Chiesa non intende abitare la scena di questo mondo senza un agire responsabile e coerente: in nome del Vangelo della vita, pertanto, si chiede di accogliere e integrare i migranti, ma soprattutto ci si mette a disposizione per fare la propria parte nel trattarli come fratelli tutti”.

Per una società che incarna i valori cristiani, ha continuato il presule netino, “non è solo un problema di carità, ma soprattutto è una questione di giustizia: se giusto è ‘dare a ciascuno il suo’, bisogna, con responsabilità di coscienza umana, capire che ‘molto di quello che ho ed è mio’, appartiene all’altro, anche al migrante che giunge sulle nostre coste. È il rispetto verso la ‘comune umanità’ la chiave di volta che suscita accoglienza generosa, in nome della giustizia. E questo, per un cattolico cristiano, ha a che fare con l’eccedenza di un amore capace di attuare una giustizia ‘superiore’, profeticamente sempre più grande di quella che la Civitas e la politica possano e vogliano progettare e attuare. Accogliere, integrare non sono opere pie e buone da poter fare per risultare obbedienti ad una dottrina spirituale. Accogliere, integrare dicono lo stile della giustizia di una società veramente umana, che vuole ridefinire la sua fisionomia informandola, cioè assumendo la forma dell’amore corposo, dell’amore che genera legami e consente l’unità e la coesione spirituale, sociale, economica, politica, fraterna. Uomini tutti, vita per tutti, fratelli tutti!".

Monsignor Staglianò ha concluso aggiungendo che ciò richiede sicuramente per tutti i cattolici una ‘conversione religiosa’, una conversione alla pratica dell’amore. Tuttavia questo “sarà impossibile a chiunque (credente o non credente) se non avviene una ‘conversione intellettuale’ per cui io possa guardare all’altro - a chiunque altro - come una persona umana cogliendo l’evidenza della sua dignità umana a prescindere dalle sue condizioni sociali o etniche. Perciò è importante quella terza “conversione morale” per la quale “sento l’altro come appartenente a me” e io stesso “mi sento interpellato in coscienza dalla giustizia verso l’altro”.

Con queste tre “conversioni’ (religiosa, morale ed intellettuale), ha concluso monsignor Staglianò, si potrà davvero “insieme” avanzare e realizzare la Civiltà dell’amore, l’amicizia sociale, la fratellanza universale, utopicamente immaginata da papa Francesco”.

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