mercoledì 20 febbraio 2013
La componente identitaria chiama a raccolta il Pdl. Gasparri: «Basta subalternità culturale». Roccella ricorda la battaglia del Family day: «Il passo ulteriore sarà il mercato dei figli, che umilia le donne». Sacconi: «Attenti al catalogo preparato dal Pd. Con le coppie gay salta tutto il sistema di welfare».
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​«Giù le mani dalla famiglia». La componente identitaria del Pdl chiama a raccolta il partito per ricollocare la famiglia al centro della campagna elettorale e «difenderla dall’assalto scomposto di chi vuole introdurre nuove regolamentazioni», dice Maurizio Gasparri, davanti a una sala gremita a Palazzo Wedekind, a due passi da Montecitorio. Nel mirino gli obiettivi programmatici sulle unioni gay assunti dal Pd: un intero «catalogo» di smantellamento valoriale, denuncia Maurizio Sacconi. C’è da «respingere una subalternità culturale, una certa rassegnazione che regna anche fra noi», auspica Gasparri. «Guardiamo anche a tante persone sensibili negli altri partiti», auspica Eugenia Roccella. Ma nello stesso giorno anche due pronunciamenti giurisprudenziali europei aggiungono altri elementi di preoccupazione. Spazio a una bella intervista di Pupi Avati che parla del suo matrimonio vicino ormai al mezzo secolo: 49 anni, racconta il regista, pieni di cadute, «eppure oggi non saprei immaginarmi senza, mentre tanti si arrendono ai primi anni. Come a voler giudicare un pranzo dall’antipasto». E dall’alto della sua esperienza l’intervistatore gli chiede un impegno da possibile ministro della famiglia. Avati non ha dubbi: «Tassare all’80 per cento i proventi degli avvocati matrimonialisti», scherza, ma fino a un certo punto.Parola agli esperti. Per il costituzionalista Tommaso Edoardo Frosini «per avrsi una legge che si riproponesse di regolamentare i matrimoni gay si dovrebbe prima modificare la Costituzione. Altrimenti la previsione sarebbe impugnabile per incostituzionalità. È vero che una Costituzione si modifica nel corso degli anni - conclude Frosini - ma l’interpretazione dell’articolo 29 è univoca, non consente scorciatoie». Da psicanalista Mario Binasco sostiene che «l’unica alternativa alla famiglia come cellula fondamentale è il campo di concentramento, sia pure a cinque stelle». In altre parole: senza l’agenzia educativa di base resta solo «un’identità burocratica che può fare e disfare tutto». E Francesco D’Agostino ricorda come si sia soliti ricordare l’espressione dell’«uomo animale politico», dimenticando che Aristotele un istante dopo lo definisce anche «animale familiare». Perchè, spiega il giurista, «la politica senza la famiglia, smarrendo un’idea di bene comune, diventa sopraffazione».Tocca a Eugenia Roccella tracciare l’orizzonte politico di questa battaglia culturale. Ricorda, anche con l’ausilio di belle immagini, il giorno del Family day che, nel maggio 2007 «fermò di fatto il progetto dei Dico. Il matrimonio - prosegue l’ex sottosegretario - è un’istituzione e non un diritto». E tanto più non sono un diritto i figli. Perché, spiega Roccella, «dopo la spinta verso la possibilità di adozione delle coppie gay che arriva da queste sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo e della Corte costituzionale tedesca, il passo successivo è il figlio fai-da te, nel mercato degli uteri in affitto e degli ovociti che offende le donne e apre le porte al razzismo. Basti pensare - ricorda Roccella - che gli ovociti delle donne di colore hanno un valore molto minore sul mercato». All’incontro altre adesioni importanti, da Gaetano Quagliariello a Barbara Saltamartini, da Beatrice Lorenzin a Gianni Alemanno. E Sacconi lancia un allarme anche dal suo versante di ex ministro del Welfare: «Il sistema sociale - avverte - che eroga oggi 65 miliardi per il coniuge, di cui 35 per le pensioni di reversibilità, con l’introduzione delle coppie gay non reggerebbe».
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