domenica 18 novembre 2018
I pm: «Tavarelli avrebbe fatto affari con i clan». Ad indicare il presidente di Federbet tre collaboratori di giustizia di Cosa nostra e ’ndrangheta. In affari con le mafie «per stare tranquillo»
Sport e scommesse online. Ecco le carte delle accuse
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Sono ben tre i collaboratori di giustizia che accusano Paolo Carlo Tavarelli, facendo emergere il suo ruolo centrale nell’affare delle scommesse illegali, scoperto dalla megainchiesta delle Dda di Bari, Catania e Reggio Calabria. Il presidente di Federbet, impegnato a combattere il fenomeno delle 'partite truccate', in realtà avrebbe fatto affari con i clan attraverso le sue società 'SKS 365' e 'Planetwin 365'. «Il materiale raccolto – scrivono i magistrati – evidenzia la sussistenza di plurimi convergenti elementi che indicano la sicura consapevolezza e volontà, in capo ai vertici di SKS 365, identificati in Paolo Tavarelli, Ivana Ivanovich (moglie di Tavarelli, ndr), Giuseppe Decandia e Paolo Sipone, di approfittare del rapporto agevolativo con la criminalità organizzata». E non solo con una mafia.

Lo rivela al pm di Reggio Calabria, Stefano Musolino, il collaboratore di giustizia Nicola Femia boss della ’ndrangheta trapiantato al Nord e condannato a 26 anni e 10 mesi dal Tribunale di Bologna a conclusione del processo 'Black money', sugli affari dei clan, compreso l’azzardo. Un vero esperto del settore. Musolino: «Senta che Tavarelli avesse questi rapporti con la camorra...». Femia: «Con la camorra e pure con siciliani, con la camorra con Grasso (imprenditore del’azzardo, ndr), sicuro al 100% Musolino: ah quindi proprio dice camorra, ma lei come lo sa?».

Femia: «Si si lo so perché lo so che lavorava con loro, lo so da Rizzo Massimiliano, lo so da altri scommettitori, in questo settore sappiamo tutto di tutti Musolino: ok e i rapporti in Sicilia, rapporti di mafia? Oppure rapporti».

Femia: «Allora le scommesse, quel settore lì.. la Sicilia la gestiscono i siciliani Musolino: quindi Cosa Nostra Femia: si capisce, non che le gestiscono loro, devono per forza pagare a loro, se non hai rapporti con loro, con delle (incomprensibile) importanti non vai in nessun posto».

Nel verbale d’interrogatorio del 19 maggio 2018, Fabio Lanzafame, master regionale per la Sicilia di Planetwin 365, ora collaboratore di giustizia, «non solo confermava l’infiltrazione criminale delle reti commerciali Planetwin 365, riferita da Mario Gennaro (collaboratore di giustizia calabrese, ndr), ma specificava anche la modalità operativa, su cui fondava quel patto scellerato. In particolare riferiva che, per agevolare le associazioni criminali che sponsorizzavano sul territorio il brand, Planetwin 365 aveva garantito loro la possibilità di commercializzare, a latere del brand principale, 'skin'(i siti illegali, ndr), da cui traevano diretti profitti».

Dopo la sanatoria prevista dalla legge di stabilità 2015 «Lanzafame riferisce di avere bonificato le sue reti commerciali da sanare dalla citata infiltrazione, lasciando alla criminalità organizzata la gestione diretta di 'skin' riferibili al gruppo. Tutto ciò era svolto in sinergia con la dirigenza di Planetwin 365 che, tuttavia, aveva consentito anche a reti commerciali non siciliane, tra cui quella di Zungri in Calabria ed altre riferibili a Decandia in Puglia di commercializzare quelle stesse 'skin' che il collaboratore di giustizia aveva ceduto in esclusiva alle famiglie di Cosa nostra con cui aveva stretto i patti. Circostanza questa che aveva messo in crisi il Lanzafame e che era stata risolta anche con il contributo dei vertici di Planetwin 365 ed, in particolare, di Paolo Tavarelli».

Un passaggio, quello della sanatoria, ulteriormente spiegato. «In generale, nelle richiamate dichiarazioni del collaboratore di giustizia Lanzafame Fabio (in gran parte suffragate da quelle di Gennaro Mario), si può individuare il paradigma che ha caratterizzato, in modo diffuso, il 'modus operandi' attraverso il quale i vertici della SKS365 si sono assicurati un’espansione commerciale nel sud Italia fino alla procedura di regolarizzazione e mantenuto, successivamente, la rete commerciale sanata al riparo da 'defezioni' e/o da 'degenerazioni' non gradite, fino alla cessione del gruppo societario SKS365 al fondo di investimenti olandese Ramphastos investment'. Infatti, i vari 'master' regionali, con l’assenso e il contributo materiale dei vertici aziendali, hanno commercializzato in modo parallelo una serie di Skin '.com', attraverso le quali continuare ad avere significativi guadagni e garantire, nel contempo, ai vari gruppi criminali la prosecuzione delle attività illecite con i conseguenti lauti profitti in cambio di 'tranquillità'».

AGGIORNAMENTO DELL'8 NOVEMBRE 2022

Paolo Tavarelli è stato scarcerato il 19 luglio 2019 su decisione del Tribunale del riesame, ma restano in piedi tutte le accuse nei suoi confronti. La Dda di Reggio Calabria ne ha infatti chiesto il rinvio a giudizio e si è in attesa della decisione del Gip. E i suoi beni sono ancora sotto sequestro.

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