venerdì 7 dicembre 2018
Dal 2012 calo di 11mila abitanti nella zona del cratere: giovani in fuga. Secondo l’Università di Urbino, il fenomeno era in atto da tempo ma lo sciame sismico ha accelerato la mobilità verso valle.
La piazza di Visso, nelle Marche

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Sono 11mila in meno gli abitanti nei Comuni del cratere marchigiano, su un arco di tempo che va dal 2012 a oggi. Lo rivelano i dati preliminari di una ricerca che ha fotografato l’impatto del sisma sui territori fragili dell’Appennino marchigiano. A illustrarla è Nico Bazzoli, ricercatore in sociologia dell’ambiente e del territorio all’Università di Urbino. La popolazione residente negli 83 Comuni del cratere marchigiano è oggi composta da 341.907 individui che occupano un territorio di 3.978 chilometri quadrati, pari al 42% della superficie regionale. «Il 72% dei Comuni in cui risiede la popolazione conta meno di 3.000 abitanti – si legge nella ricerca – ed è interessato da problematiche tipiche delle aree interne, nelle quali la marginalità geografica, l’invecchiamento della popolazione, la mancanza di ricambio generazionale e l’emigrazione della popolazione attiva – specie nelle sue componenti più giovani – hanno contribuito a tratteggiare un quadro di declino demografico che si è consolidato nel corso degli ultimi anni».
Ma come si inserisce il terremoto in questo contesto? E cosa ha comportato? «Il sisma è stato un acceleratore di processi, avendo accresciuto le fragilità già in atto. Basta guardare all’intensificazione delle dinamiche di spopolamento, sul quale incide moltissimo la questione dei servizi, specie da quando la parola razionalizzazione è divenuto sinonimo di riduzione o smantellamento di servizi. Il riferimento è specificamente ai servizi sanitari, ridotti negli ultimi anni perché costa molto mantenerli nelle aree rurali. E poi, quanti uffici e banche e sportelli in genere stanno chiudendo generando forti disagi ai residenti rimasti?».
A quota 700 non si abita più
Una premessa va fatta ed è fondamentale. «Il fenomeno di assottigliamento della popolazione residente nell’area del cratere è antecedente agli eventi sismici. Se nel 2012 erano presenti 353mila residenti, sparsi tra i pochi centri urbani, i molteplici borghi e le innumerevoli abitazioni che costellano il paesaggio rurale, al primo gennaio 2016 se ne contavano 347mila. Un calo di oltre 6mila unità che si spiega nell’intreccio tra tendenze demografiche e socio-economiche di portata nazionale, che hanno avuto effetti specifici sul livello locale». Il contesto del cratere cela importanti differenze territoriali che non si percepiscono a livello aggregato. Mentre la popolazione complessiva è rimasta per lungo tempo sostanzialmente invariata, la sua mobilità interna è risultata piuttosto significativa, caratterizzata da una propensione a "scendere a valle" che nel tempo ha svuotato buona parte dei borghi più remoti. Sin dagli anni Cinquanta infatti i Comuni geograficamente più marginali (come Visso, Ussita, Fiastra, Sarnano e quasi tutto ciò che è sopra quota 700 metri) hanno perso costantemente popolazione, donandola dapprima ad altre Regioni italiane e straniere e successivamente alle vallate dell’Appennino interessate dallo sviluppo manifatturiero. Il declino demografico di alcuni Comuni del cratere si qualifica quindi come un dato strutturale che sembra protrarsi da oltre mezzo secolo, generando un saldo negativo che in alcuni casi oltrepassa il meno 50% rispetto agli anni Cinquanta.
Borghi meno attrattivi
«Da moltissimi anni l’interno marchigiano subisce il fenomeno dello spopolamento – spiega Bazzoli, che sta realizzando lo studio con le ricercatrici Alba Angelucci, Rosanna Castorina, Elisa Lello, Silvia Pitzalis, e con la collaborazione di Silvia Sorana e della rete di cittadini Terre in moto –. Gli effetti? Il numero di figli per donna è diminuito in modo costante e le Marche conoscono il fenomeno delle migrazioni interne, spostamenti cioè all’interno della stessa regione o della stessa nazione». La crisi economica del 2012 ha portato poi disoccupazione e perdita di opportunità occupazionali. «È stata uno spartiacque: con essa anche i Comuni interni che erano cresciuti grazie allo sviluppo manifatturiero hanno iniziato a perdere abitanti».
Un focus a parte lo meritano i giovani. Nei centri dell’entroterra, anche in quelli più popolosi come Fabriano e Matelica (nel Maceratese) emerge che al problema occupazionale si accompagna la mancanza di stimoli culturali, ricreativi e aggregativi in senso lato. Il sisma va a inserirsi in questo contesto, già sofferente, rivelandosi come ulteriore stimolo all’emigrazione. Le statistiche non riescono poi a fotografare appieno la realtà, perché c’è ad esempio chi ha ancora la residenza a Visso ma in realtà vive a Civitanova Marche, o comunque sulla costa o in un Comune diverso da quello indicato sulla carta. «Per quanto riguarda lo sviluppo, sia a breve che a lungo termine, in questi territori – sottolinea Bazzoli – manca una condivisione dei progetti con la popolazione. Noi stiamo cercando di fare questo, dando vita a processi partecipati di studio e analisi delle situazioni per costruire insieme agli abitanti visioni del futuro».

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