venerdì 27 agosto 2010
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Cosa c’entrano gli angeli con l’adozione? Niente, si dirà, con un sorriso di scetticismo. Eppure proprio degli angeli che «intervengono» nell’abbandono e poi nell’accoglienza di un bambino in un’altra famiglia si è parlato con passione e competenza a Tirrenia, nel corso della 19esima Settimana estiva promossa dall’Aibi-Associazione Amici dei Bambini. Gli angeli come annunciatori a un uomo e una donna chiusi nel dolore che c’è una Grazia anche nella sterilità; che c’è un figlio che aspetta proprio loro, magari dall’altra parte del mondo... Il percorso è originale e nello stesso tempo ardito: una "spiritualità dell’adozione" che spinga le coppie a interrogarsi, alla luce della Parola di Dio, sulle ragioni profonde del legame con il proprio figlio non biologico, sul significato di un dramma – l’incapacità di concepire – che tuttavia può lasciare spazio all’accoglienza e dunque alla rinascita.Un percorso teologico e insieme umano nato in sordina 7 anni fa, proposto dall’Aibi – che si occupa di adozione internazionale e sostegno a distanza – a poche, selezionate famiglie che si sono riunite in un Movimento dal nome evocativo, "La Pietra scartata". Oggi la "spiritualità dell’adozione" è diventata un vero e proprio filone di indagine teologica e biblica, arrivando a coinvolgere centinaia di coppie e diverse decine di giovani adottati. In questi giorni, a Tirrenia, l’atteso faccia-a-faccia annuale, in cui si sono messi a confronto, sotto la guida di teologi e biblisti esperti come don Alberto Cozzi e Maurizio Chiodi, pensieri, idee, spunti e riflessioni.«L’adozione non è solo carte bollate e burocrazia. L’adozione solleva domande, va alle radici dell’animo umano. Quale legame unisce, ad di là degli aspetti giuridici, un uomo e una donna che diventano padre e madre di un bambino non loro?», ragiona Marco Griffini, fondatore e presidente di Aibi. Così negli anni scorsi la riflessione ha coinvolto Cristo in Croce, emblema dei milioni di bambini abbandonati ai quattro angoli del pianeta («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»); san Giuseppe, indicato, nella sua capacità di fiducia e accoglienza di un figlio non suo, come "patrono" di tutti i padri adottivi, e infine Maria, madre adottiva di Giovanni ai piedi della Croce.Anno dopo anno la "spiritualità dell’adozione" sta diventando una forza di attrazione per tante famiglie in cerca di districare le proprie emozioni alla luce della fede. Con risvolti "pratici" anche inaspettati. «L’Ufficio liturgico della Cei – conferma Griffini – sta mettendo a punto un rito di benedizione delle adozioni, su modello di quanto avviene nella Chiesa ortodossa. Perché al momento l’adozione è un po’ come il matrimonio civile: vale solo nei confronti dello Stato... Noi vorremmo invece adottare nel nome di Gesù». C’è poi il Rosario per i bambini abbandonati, la rivista teologica, gli incontri periodici del Movimento "La Pietra Scartata"... E soprattutto ci sono loro, i figli: una 70ina di ragazzi dai 14 anni in su, che riflettono sul proprio destino di abbandono e poi rinascita. Al convegno di Tirrenia Marco Griffini ha consegnato loro un compito: riflettere su Mosè, «la prima adozione internazionale della storia», sul «suo abbandono e poi la sua chiamata a salvare un popolo». Appuntamento nel 2011.
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