sabato 27 marzo 2010
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Il caso esplode del tutto inatteso il 28 agosto con una pagina nella quale il direttore del Giornale dice di voler «smascherare i moralisti» prendendosela col collega di Avvenire «in prima fila nella campagna di stampa contro Berlusconi».Boffo gli replica il giorno dopo definendo quella che Feltri ha evocato – l’ammenda per una vecchia querelle giudiziaria a Terni, di nessun rilievo ma rinforzata da una lettera anonima spacciata per "nota informativa" nella quale si adombravano frequentazioni omosessuali – «una vicenda inverosimile, capziosa, assurda», un’operazione che sa di «killeraggio giornalistico»: «Siamo – scandisce Boffo – alla barbarie». Il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, non esita a definire quello del Giornale un «attacco disgustoso e molto grave», rinnovando a Boffo «tutta la stima mia personale e quella di tutti i vescovi italiani e delle comunità cristiane». Mentre la redazione è sommersa da un’ondata di messaggi di solidarietà, che non si arresterà prima di un mese, Feltri prosegue con titoloni e paginate di "rivelazioni": «Finché questi censori speculeranno su ciò che accade sotto le lenzuola altrui, noi ficcheremo il naso (turandocelo) sotto le loro», scandisce il 29 agosto, fidando in documenti rivelatisi poi falsi.Il 30 agosto i "fatti" vengono smontati pezzo a pezzo dal direttore di Avvenire: «Come avrà mai fatto il primo degli astuti – si chiede Boffo – a non porsi una domandina elementare prima di dare il via libera alla danza (infernale): questo testo che ho in mano è realmente un’"informativa" che proviene da un fascicolo giudiziario oppure è una patacca che, con un minimo appiglio, monta una situazione fantasiosa, fantastica, criminale?». Ci vorranno tre mesi perché giunga la sola risposta possibile. Le certezze del Giornale sembrano però vacillare, e il 1° settembre sul quotidiano sparisce la "nota" mentre viene esibito a tutta prima pagina – senza spazio per le controdeduzioni di Boffo – il «certificato generale del casellario giudiziale».Su Avvenire viene chiarita la verità, e la tempestiva verifica del Gip di Terni («non c’è assolutamente alcuna nota che riguardi inclinazioni sessuali» nel fascicolo giudiziario dichiara il magistrato, confermando quanto anticipato dal ministro degli Interni Maroni) rafforza quel che Boffo va dimostrando. Il giudice confermerà poi che non ci sono state intercettazioni telefoniche né processo, e dunque nemmeno un patteggiamento, così come non si deve parlare di condanna ma solo di decreto penale che dispone un’ammenda (una «bagattella e non uno scandalo», riconoscerà dopo mesi lo stesso Feltri).Si arriva così al 3 settembre, quando Avvenire smaschera in modo definitivo le «dieci falsità» con una ricostruzione tuttora reperibile su www.avvenire.it. Tra l’altro, si dimostra che Boffo non ha mai avuto relazioni omosessuali e che mai è stato "attenzionato" dalla Polizia. Niente di niente. Ma lo stesso giorno il direttore di Avvenire decide di dimettersi, e lo fa con una lettera che resta una pagina memorabile di dignità e di giornalismo libero, vergata da un «direttore galantuomo» che chiede solo di sapere – scrive – perché gli «è stato riservato questo inaudito trattamento»: «In questo gesto, in sé mitissimo – spiega Boffo – è compreso un grido alto, non importa quanto squassante, di ribellione: ora basta. (...) Bisognerebbe che noi giornalisti ci dessimo un po’ meno arie e imparassimo a essere un po’ più veri secondo una misura meno meschina dell’umano».Solo molto più tardi, 99 giorni dopo aver lanciato le accuse, Vittorio Feltri ingrana definitivamente la retromarcia, esprimendo a Dino Boffo persino «ammirazione» dopo averlo ingiustamente attaccato per giorni. «La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire – sono parole di Feltri il 4 dicembre 2009 – non corrisponde al contenuto degli atti processuali».Il resto è cronaca più recente, con il riaccendersi di nuove polemiche, interviste e successive precisazioni, detti e contraddetti su contrasti all’interno della Chiesa che sarebbero stati all’origine del caso Feltri e delle false accuse a Boffo. Fino a provocare addirittura una nota di dettagliata smentita da parte della segreteria di Stato vaticana.
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