sabato 25 febbraio 2023
Firmato il Milleproroghe, ma il Presidente chiede modifiche sulle concessioni delle spiagge
Da Mattarella primo richiamo al Governo
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Non ha indugiato nemmeno un giorno. All’indomani dell’arrivo al Colle del testo del Milleproroghe Sergio Mattarella ha messo nero su bianco i suoi lunghi e articolati rilievi sulle concessioni balneari. Non solo. La censura, come più volte evidenziato sin dalla presidenza Napolitano, è riferita innanzitutto alla disomogeneità delle previsioni e all’eccesso della decretazione d’urgenza, che limita oggettivamente la prerogativa quirinalizia del controllo preventivo di legittimità.

Ma soprattutto - come era nell’aria - arriva una censura diretta, forte e chiara, per la proroga in esso contenuta delle concessioni balneari. E, in una lettera inviata a Palazzo Chigi, ma anche ai presidenti delle Camere, Mattarella definisce «indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento» per «assicurare l’applicazione delle regole della concorrenza e la tutela dei diritti di tutti gli imprenditori coinvolti, in conformità con il diritto dell’Unione».

Spiega anche di aver valutato anche l’ipotesi del rinvio alle Camere dell’intero provvedimento ma di averla scartata, per evitare «incertezza e disorientamento nelle pubbliche amministrazioni» in relazione alle altre norme indifferibili e urgenti in esso contenute. Dal governo, nel quale peraltro si sono fronteggiate sulla questione, nei mesi scorsi, diverse posizioni, non arriva alcuna reazione ufficiale, trapela solo l’orientamento di porre la materia all’attenzione di uno dei prossimi Consigli dei ministri e l’intenzione del governo di intervenire con il necessario approfondimento nel confronto con tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Il primo rilievo di Mattarella, in premessa, è relativo l’inserimento nel testo «in seguito all’esame parlamentare, di 205 commi aggiuntivi rispetto ai 149 originari».

Una «ormai consueta tipologia», quella dei «cosiddetti decreti “milleproroghe” » che, «con cadenza oramai annuale », arrivano in conversione alle Camere, obbedendo alla «ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento». Prassi già discutibile di per sé, finita spesso sotto la lente del Quirinale e della Consulta, ma di fatto tollerata. Senonché si aggiunge la tendenza ulteriore ad aggiungere, al treno in corsa nuovi “vagoni”. Interventi «del tutto estranei» al già controverso elemento unificante del necessario rinnovo di norme in scadenza, concernenti «la disciplina “a regime” di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto » e che dovrebbero essere regolate a parte, «nel normale esercizio del potere di iniziativa legislativa».

Una proroga aggiuntiva, quella per i balneari, che aggira peraltro un preciso impegno verso la Ue e una chiarissima sentenza del Consiglio di Stato in seduta plenaria, l’equivalente della Cassazione a sezioni riunite nell’ambito della giustizia amministrativa. Una proroga inserita in uno dei cosiddetti «decreti- legge omnibus del tutto disomogenei, contenitori dei più disparati interventi normativi». A dispetto del requisito dell’«omogeneità di contenuto» che la Corte costituzionale ha, in più occasioni, richiamato. Venendo alla nota dolente, sotto la lente del Colle finiscono quindi soprattutto le modifiche della legge 5 agosto 2022, varata sotto il governo Draghi che, «tenuto conto delle sentenze definitive nn. 17 e 18 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato», aveva fissato la scadenza delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali al 31 dicembre 2023: nella norma draghiana solo «con provvedimento motivato dell’autorità competente, quando sussistessero ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023», il termine di scadenza delle concessioni poteva essere differito «fino al 31 dicembre 2024».

Ora, invece, le norme inserite in tre articoli del Milleproroghe e all’articolo 1 della legge di conversione «modificano in misura rilevante il quadro normativo ». Allungano di un anno, in particolare, il termine delle concessioni, che viene differito in via generale dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024, e il termine entro il quale l’autorità competente può posticipare ulteriormente l’efficacia delle concessioni è prolungato al 31 dicembre 2025. Inoltre, annota Mattarella, le concessioni «continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori e fino all’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega in materia di affidamento delle concessioni (in scadenza il 27 febbraio prossimo)».

Norme che, «oltre a contrastare con definitive sentenze del Consiglio di Stato, sono difformi dal diritto dell’Unione europea», ricorda Mattarella, «anche in considerazione degli impegni in termini di apertura al mercato assunti dall’Italia nel contesto del Pnrr». Inoltre, conclude Mattarella, avendo la sentenza del Consiglio di Stato ritenuto «senza effetto perché in contrasto con l’ordinamento dell’unione europea qualsiasi ulteriore eventuale proroga che dovesse nel frattempo intervenire», gli enti concedenti «potrebbero ritenersi legittimati a disapplicare le norme in contrasto con il diritto europeo e a indire le gare» e potrebbero anche essere impugnati «eventuali provvedimenti di proroga delle concessioni, alimentando ulteriormente il contenzioso».

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