mercoledì 7 ottobre 2015
Inchiesta dopo esposti di Fdi e M5S  Il Campidoglio: solo un atto dovuto.
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Le spese di rappresentanza del sindaco Ignazio Marino, dopo aver alimentato per giorni polemiche politiche, ora finiscono anche sotto la lente di ingrandimento della magistratura romana, che ha avviato un’indagine sugli esborsi del primo cittadino. Un fascicolo senza ipotesi di reato né indagati, conseguente agli esposti in cui si ipotizzava il reato di peculato presentati nei giorni scorsi dal Movimento 5 Stelle e da Fratelli d’Italia. Tutte spese 'di rappresentanza', pagate però con la carta di credito del Comune, spesso in ristoranti vicino casa del sindaco e nei giorni festivi. «Un atto dovuto, inevitabile dopo la presentazione degli esposti», sostengono dal Campidoglio; «una non-notizia, è normale dopo una denuncia», rincara la dose l’assessore alla Legalità Alfonso Sabella, difendendo la scelta di trasparenza di Marino di pubblicare sul sito del Comune in un documento di 492 pagine tutti i conti dei ristoranti il cui il sindaco ha portato dal 2013 in poi personalità di ogni genere e le fatture delle 28 missioni (secondo il Campidoglio ha speso 773 euro di rappresentanza al mese e un milione per le missioni).  Il sindaco, invece, dopo giorni in cui annuncia querele e tenta spiegazioni con tanto di rendiconti, visitando ieri mattina la fabbrica dei biscotti Gentilini dribbla le domande dei giornalisti. Poi però, in un’intervista ad un settimanale, Marino torna sulla questione 'spese pazze', dicendo che quelle cene erano «per parlare della Capitale» e che con la sua amministrazione i soldi spesi per la rappresentanza sono diminuiti, tornando in linea con le altre città. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è infatti alla giunta precedente guidata da Gianni Alemanno che tra il 2010 e il 2012 ha speso 55mila euro per 56 missioni. Ma il sindaco-chirurgo va anche oltre, parlando del suo futuro. «Non nasco politico e non morirò politico - la precisazione -. Ho sempre pensato fosse un impegno a termine», ipotizzando di rimanere sulla scena politica fino al 2023, poi «magari vivrò a Sydney».  Parole che in realtà buttano alcol sul fuoco, scatenando le opposizioni. «Marino se ne vada prima possibile» in Australia, «liberando la città», tuonano. Ma c’è anche chi, come il vicecapogruppo capitolino di Forza Italia Dario Rossin, e il capogruppo della Lista Marchini in Campidoglio Alessandro Onorato, mette l’accento sull’immobilismo dell’amministrazione e «sull’ennesimo consiglio comunale andato a vuoto» per mancanza del numero legale. «La maggioranza non c’è più», aggiunge Onorato, se i consiglieri Pd «non hanno il coraggio di presentarsi in Aula, si dimettano» e permettano ai romani di tornare al voto. Dal canto loro i grillini dicono di «non voler alimentare lo sciacallaggio mediatico» avviato nei confronti del sindaco dalle opposizioni, con il consigliere M5s Marcello De Vito che in più aggiunge: «Il nostro lavoro è finito. Ora tocca alla magistratura». Intanto la Capitale continua ad essere alle prese con i lavori per il Giubileo alle porte e i quotidiani disservizi del trasporto pubblico. Come quello che ormai vivono da settimane i pendolari della linea Roma-Ostia Lido, dove la metà dei treni è fuori servizio. Come risarcimento per il disagio, l’assessore ai Trasporti Stefano Esposito annuncia «un mese di viaggi gratis nel 2016 per i possessori di abbonamento annuale su quella tratta».
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