venerdì 2 novembre 2018
Per l’allarme diossina chiusa l’area dell’azienda andata a fuoco la scorsa settimana
Il capannone della Lea andato a fuoco (Ansa)

Il capannone della Lea andato a fuoco (Ansa)

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È allarme diossina attorno alla Lea, l’impianto di rifiuti di Marcianise andato a fuoco una settimana fa. E scatta l’interdizione a qualunque attività attorno all’azienda. Il campionamento effettuato dall’Arpac ha accertato una presenza di Pcdd e Pcdf (diossine e furani) superiori ai livelli di emergenza. Dati comunicati mercoledì pomeriggio telefonicamente all’Asl di Caserta. Nella serata sempre di mercoledì, la dirigente responsabile della Asl ha inviato al sindaco di Marcianise, Antonello Velardi, la richiesta di intervenire con una propria ordinanza, «stante le modalità della comunicazione» dell’Arpac, «a carattere di estrema urgenza». Chiedendo un «provvedimento interdittivo» che «dovrà interessare l’intera area (accesso strade ed attività) ricompresa nel raggio di 300 metri dalla centralina di rilevamento » che era stata installata a dieci metri dall’impianto bruciato.

Il primo cittadino ha emesso immediatamente una propria ordinanza che «ordina ai legali rappresentanti delle aziende ubicate nel perimetro di metri 300 dallo stabilimento Lea Srl, in Marcianise, in località Ceraso-Zona Asi, l’interdizione alle attività industriali» e «l’interdizione dell’intera area». Bloccato, dunque, sia il lavoro che l’accesso. Divieti «fino alla nuova comunicazione dell’Asl, relativa all’esito di nuovi campionamenti da parte di Arpac attestanti il rientro dei microinquinanti alterati nei valori entro i limiti di tollerabilità».

La Asl, infatti, nella lettera urgente inviata al sindaco, ha comunicato che «ad Arpac si chiede sollecitamente di effettuare campionamenti a distanza significativa dal focolaio dell’incendio». Perché i dati dell’Arpac si riferiscono al monitoraggio solo a dieci metri dall’impianto bruciato e raccolti solo «in un intervallo di tempo compreso tra le ore 16 di sabato 26 ottobre e le ore 16 di domenica 27 ottobre». Strano. Se la comunicazione è stata urgente perché farla solo quattro giorni dopo? E perché non ci sono dati su un’area più vasta, quello che ora chiede la Asl? Ed è altrettanto strano che i dati allarmanti sulla diossina non siano stati comunicati immediatamente dall’Arpac al Comune, come denuncia il sindaco ma siano dovuti passare per l’Asl.

Ora anche l’amministrazione comunale ha sollecitato l’Arpac a fare un nuovo monitoraggio e «a comunicarci tempestivamente i risultati in modo tale da poter consentire alle aziende di riprendere o meno l’attività», ci spiega l’assessore comunale all’ambiente, Cinzia Laurenza. Da mercoledì sera tutta l’area è transennata con bande biancorosse. Niente lavoro oggi, dunque, per ben otto aziende, alcune delle quali operano a ciclo continuo e per le quali perciò il blocco provocherà un danno enorme. Aziende di alto livello e qualità che già si dovranno sobbarcare la bonifica degli ambienti dai fumi prodotti dalla combustione dei rifiuti, come prescritto dai Vigili del fuoco.

L’impianto era stato sequestrato il 12 ottobre dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, in quanto «effettuava una gestione di rifiuti al di fuori dei limiti stabiliti dalla Regione Campania e causando gravi danni all’ambiente circostante ». Contro la Lea il sindaco, caporedattore centrale del Mattino, sotto scorta dopo gravi minacce, aveva messo in campo un’originale protesta. Alla fine di giugno, con sdraio e ombrellone, si era messo a presidiare, 24 ore su 24, l’ingresso dell’azienda per controllare i camion che venivano a scaricare, bloccandone l’80% per varie irregolarità. Poi il 12 luglio, dopo ulteriori accertamenti dei Vigili del fuoco e della Polizia municipale, aveva firmato un’ordinanza che stabiliva «la sospensione, con effetto immediato dell’attività». Anche per il mancato rispetto delle norme antincendio. Poi era arrivato il sequestro della magistratura e l’incendio del 26 ottobre. ©

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