giovedì 22 febbraio 2018
Bignami: scatta il meccanismo della vendetta. Picchi uno dei nostri e ora io picchio te
Maurice Bignami

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«No, non è la violenza organizzata di allora, non è un ritorno al passato, non è la nostra violenza. Sono sprazzi di violenza, ma da non sottovalutare». È l’analisi di Maurice Bignami, militante di Potere operaio, poi in Autonomia operaia in un crescendo di manifestazioni sempre più dure fino al salto nel buio della lotta armata in Prima linea. Poi il carcere, la dissociazione, l’impegno sociale anche nella Caritas. Ha letto gli ultimi fatti e riflette. «Il mio timore non è per una ripresa di quello che noi chiamavamo antifascismo militante. Non mi spaventa il fascismo o l’estremismo di sinistra ultraminoritario, mi spaventa di più la delegittimazione della politica, dei partiti e della democrazia parlamentare che sono il fondamento della democrazia occidentale».

Ma l’agguato a Palermo non è stata una banale scazzottata. E anche la rivendicazione.
Il nostro linguaggio era molto più feroce. A me sembra uno dei mille esempi di post modernità, come il ragazzino di prima media che tira fuori il coltello e taglia la faccia alla professoressa. È il passare immediatamente all’atto. È un comportamento non squisitamente politico. Noi per fare le 'azioni antifasciste' dovevamo vincere dei freni interiori che ci bloccavano, dovevamo essere convinti politicamente, ideologicamente.

Oggi quei freni non ci sono?
Tendono a non esserci più. È tutto molto individualizzato.

Un atto che può arrivare anche a uccidere. Anche voi all’inizio non uccidevate.
È vero. Quando passi all’atto poi le conseguenze possono essere sempre più drammatiche. Ma non ve- do nessuna elaborazione politica, più o meno intelligente. È una violenza totalmente reattiva. Scatta il meccanismo della vendetta: hai picchiato uno dei nostri e ora io picchio te.

Anche allora cominciaste così.
Sì, ma era dentro una dimensione ben più allargata che per fortuna non c’è più, perché noi stessi abbiamo contribuito a chiuderla.

Però come allora c’è chi quasi giustifica la violenza: in fondo lui è un fascista violento...
Perché non si sono fatti i conti con l’uso della violenza, coi totalitarismi. Se non li fai alla fine giustifichi anche la violenza.

Perché non si sono fatti i conti con quel passato?
Questo è centrale, è assolutamente vero. E ogni tanto ritorna fuori. Non abbiamo fatto i conti coi totalitarismi. Lo abbiamo fatto malamente col fascismo, tant’è che un terzo degli italiani è convinto che tutto sommato non era poi quel gran male. E ancor meno col totalitarismo comunista. Le conseguenze sono state tragiche e continuano a minare la tenuta democratica del Paese. Tantomeno ha fatto i conti la sinistra che è ancora legata ai vecchi schemi.

Cosa direbbe ai ragazzi che si fanno coinvolgere da 'vecchi'?
Non posso dare io dei consigli. Ho fatto terribili errori ma almeno avevo gli strumenti per rianalizzarli.

E oggi?
Non ci sono. Bisognerebbe lavorare per ricostruire uno spazio per la politica. Se non fai questo sono sono chiacchiere.

Se no prima o poi la violenza ritorna?
Sì, anche se i rigurgiti d’ambo le parti non sono che manifestazioni estreme di un malessere generale. Non mi preoccuperei troppo delle prime e mi concentrerei piuttosto sul secondo.

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