mercoledì 5 maggio 2010
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E ora? Questa brutta tegola proprio non ci voleva per Silvio Berlusconi che aveva chiuso con la chirurgica staffetta-lampo Zaia-Galan la partita del rimpasto post-elezioni. C’era stata poi lo scontro con Gianfranco Fini e la tentazione di andare al voto, ma ieri in Transatlantico i deputati apparivano, tutti, come rinfrancati sulla sorte della legislatura e del loro stesso mandato, convinti che non convenga certo, ora, a Berlusconi, un’accelerazione in quella direzione. L’attenzione del Cavaliere, quindi, è tutta rivolta a turare in fretta la falla aperta da Scajola. Compatibilmente con i timori che il premier confidava ai suoi di un possibile allargamento dell’inchiesta. Una soluzione in tempi brevi, comunque: «Entro venerdì. 72 ore», era l’ipotesi fatta ai molti che ieri gli hanno parlato. Oppure l’ipotesi 2, un interim in attesa di una soluzione definitiva.Smentito da Calderoli e Reguzzoni ogni interesse della Lega a creare nuove grane con la candidatura di un uomo del Carroccio, un sondaggio del Cavaliere ci sarebbe stato con Luca Cordero di Montezemolo. C’è l’idea di un tecnico-imprenditore. Ma, in assenza, la soluzione più probabile resta, per ora, interna. Scartata la "promozione" di Renato Brunetta (ipotesi che non avrebbe portato a salti di gioia Giulio Tremonti, andato ieri sera a Palazzo Grazioli a dire la sua), resta in piedi quella di un viceministro. Ed essendo il finiano Adolfo Urso uno dei due, si capisce perché il nome che circoli più insistentemente sia l’altro, quello di Paolo Romani, vice con delega alle Comunicazioni. Il quale ieri, impegnato a Milano alla conferenza sul digitale terreste, ha respinto come «inelegante» l’assalto dei cronisti che gli chiedevano del suo futuro. Le altre due ipotesi più accreditate ruotano intorno al vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Il quale (prima ipotesi) potrebbe andare al posto di Fabrizio Cicchitto alla guida del gruppo della Camera. Oppure (seconda ipotesi) potrebbe andare lui stesso all’incarico lasciato da Scajola. E dopo Tremonti, ieri sera, è stata la volta del ministro Angelino Alfano e del sottosegretario Gianni Letta a Palazzo Grazioli. Troppo delicata la partita lasciata aperta da Scajola, con il dossier nucleare tutto da scrivere, il caso Fiat da gestire e una crisi economica ancora tutta da capire nella sua vera portata e poi da governare. Il leader del Pd Pierluigi Bersani va all’attacco: «Conosco il rilievo di quel ministero – dice da ex –. Ci guarda anche il mondo e fatti di questo genere lasciano sconcertati».Si fanno sentire anche le piccole imprese, le più colpite dalla crisi: «Le imprese hanno bisogno ora più che mai di un interlocutore a cui rivolgersi», dice Paolo Galassi di Confapi, che chiede a Berlusconi che nomini «al più presto» il nuovo ministro. Tace invece Confindustria, ma è chiaro che l’associazione di viale dell’Astronomia vorrà dare il suo contributo, vista la delicatezza della partita, e probabilmente pensa di farlo nel maggiore riserbo possibile. E la vicenda è finita anche nel mirino dei grandi giornali stranieri: «Le dimissioni di Scajola scuotono il governo Berlusconi», titola il britannico Financial Times. «Un colpo inaspettato», per il Wall Street Journal dagli Usa. Alle prese – a dire il vero – con guai ben maggiori per via dell’onda nera.
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