martedì 28 giugno 2016
Da Trento alla Finlandia, ecco i modelli-chiave. Con più servizi per genitori e figli, crescono i benefici per le comunità.
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Sostenere le reti familiari a livello locale vuol dire lavorare per il benessere delle famiglie ma anche promuovere lo sviluppo di un territorio. E poi offrire strumenti di assistenza e di cura per accompagnare i giovani sposi, per affrontare il periodo del pre e del post pasto, per prevenire i conflitti, per diffondere servizi specifici di consulenza, per favorire l’integrazione delle famiglie immigrate. Un sogno o una pretesa? Niente di tutto questo, visto che questi modelli si ritrovano, simili nell’ispirazione pur con le inevitabili variazioni, dall’Italia alla Germania, dalla Finlandia agli Stati Uniti, da Malta all’Australia.  Il messaggio che arriva dalla Conferenza organizzata a Trento dalla Iccfr (Commissione internazionale per le relazioni della coppia e della famiglia) è chiarissimo e sarebbe urgente farlo rimbalzare nei palazzi della politica o comunque laddove si prendono decisioni importanti dal punto di vista ammini-strativo: alla radice del bene comune ci può essere solo la valorizzazione della famiglia come soggetto sociale. Perché solo la famiglia che riesce ad assolvere al meglio le proprie funzioni generative, educative, relazionali rimane luogo di solidarietà e di umanizzazione della persona e della società, vera forza generatrice del bene comune. Da qui la necessità di spezzare la logica di una politica che si rivolge soprattutto agli individui, con misure circoscritte e limitate, senza prestare adeguate attenzioni alle famiglie che ogni giorno accolgono, accompagnano e sostengono questi individui. La ricchezza e l’evidenza dei progetti internazionali presentati a Trento conferma che, soprattutto a livello locale, la strada delle reti familiari è un volano di benessere per tutti. «Abbiamo dimostrato – spiega Francesco Belletti, direttore del Cisf, tra gli organizzatori dell’evento – come la famiglia sia esperienza e 'oggetto sociale' multidimensionale, che non si fa appiattire su un’unica linea interpretativa». Fare famiglia, ha messo in luce ancora Belletti, «è questione di cuore, di relazioni, di affetti, ma riguarda molto anche le leggi e le politiche, il lavoro, i soldi, il benessere economico, gli stili di vita». Il racconto familiare che emerge dalla conferenza di Trento è quello di tante realtà associative diverse che, quando trovano situazioni, sostegni, alleanze significative, riescono improvvisamente a togliere alla famiglia i panni della grande malata per riassegnarle quella funzione di primo generatore di capitale sociale che le è connaturata. «La sfida sulla famiglia in termini di risorsa e di generatività è grande, occorre lavorare in rete. Dobbiamo uscire dalla logica della famiglia come aggregato di individui per considerarla come luogo privilegiato per il benessere della persona e della società», hanno ribadito Maria Grazia Colombo ed Emma Ciccarelli, le due vicepresidenti del Forum delle associazioni familiari. Non solo parole. Proprio il caso Trento dimostra, come abbiamo più volte documentato sui nostri media, che l’invenzione dei 'distretti familiari' e del 'marchio famiglia', sono modalità non solo per offrire ai nuclei familiari servizi di alto profilo e vantaggi economici, ma soprattutto per sottolineare come il far famiglia si possa inserire in modo sereno e accogliente in un nuovo progetto di comunità. Ma succede anche in Finlandia, per esempio, con il progetto 'Happy Hour', una modalità innovativa per stare accanto alle coppie nel periodo prima e dopo il parto, con una equipe di specialisti che accompagnano i neogenitori per quanto riguarda il prendersi cura e per gli aspetti educativi.  Oppure in Germania, in Renania-Palatinato, dove è attivo da anni un punto di servizi centralizzati per le istituzioni che sostengono la famiglia. Numerosi anche i progetti per la prevenzione dei conflitti coniugali. A dimostrazione non solo che la crisi si risolve più facilmente se l’intervento è tempestivo, ma che ad ogni latitudine e in ogni cultura le macerie sociali lasciate dagli slogan forsennati del liberismo affettivo ('separarsi è bello') sono un peso di cui tutti vorrebbero liberarsi. A Boston sono attive associazioni che lavorano con i tribunali locali e favoriscono percorsi di rieducazione alla genitorialità. L’ha spiegato Anne Berger, presidente dell’Iccfr. «Quando una coppia va in crisi e la situazione rischia di ripercuotersi sui figli, il giudice in accordo con le nostre associazioni può ordinare percorsi di mediazione. E spesso riusciamo a prevenire l’irreparabile». Un progetto coordinato per gruppi di separati ad alta conflittualità è presente anche in Germania. Sotto la guida di un tutor, serve sia a gestire meglio le fasi della separazione, sia a recuperare le responsabilità genitoriali. «Abbiamo avuto modo di vedere come sia possibile realizzare una bella collaborazione tra tutti i professionisti che lavorano intorno alla famiglia, senza divisioni ideologiche», osserva Rita Roberto, presidente Aiccef (Associazione italiana consulenti coniugali e familiari). «La famiglia non è un 'articolo in esaurimento' ma bene comune e bene relazionale per l’intera comunità. I vari progetti dimostrano come in tutto il mondo ci sia desiderio di famiglia e come ovunque si tenti di individuare nuove strade per valorizzare e tutelare la realtà familiare, al di là delle situazioni di crisi».
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