giovedì 24 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
BOLOGNA Non è una marcia indietro, ma sicuramente una battuta d’arresto quella del Consiglio dell’istituto comprensivo 20 di Bologna, che ha deliberato di rimandare le benedizioni pasquali all’interno dei locali scolastici dopo il 28 aprile. In quella data sarà il consiglio di Stato a pronunciarsi definitivamente sul tema delle benedizioni a scuola. Questa volta a stoppare il rito non sono stati i pochi maestri firmatari del ricorso vittorioso al Tar dell’Emilia Romagna su una delibera che autorizzava la benedizione in orario extrascolastico e su base volontaria, ma lo stesso Consiglio di istituto. L’organo che governa le tre scuole, guidato da Giovanni Prodi, nipote dell’ex premier, papà di sei figli di cui tre iscritti all’istituto, ha deliberato di non concedere gli spazi per la benedizione. «Si era creato un clima troppo avvelenato e quindi abbiamo pensato che fosse opportuno rimandare le benedizioni d’accordo anche con don Mario Fini, il parroco che è venuto negli scorsi anni», spiega Prodi. «Su una quindicina di partecipanti, si sono astenuti in 11 – spiega la preside Daniela Turci –. Questo fa capire la portata di un dibattito improntato più alle contingenze logistiche che al contenuto». Le scuole infatti si sono fermate ieri per la pausa pasquale e il Consiglio è riuscito a riunirsi solo martedì sera. I tempi per organizzare la benedizione in orario extrascolastico, quindi, non ci sarebbero stati. «C’è da considerare che la scuola, al contrario dei pochi ricorrenti, non ha nessuna intenzione di fare una battaglia ideologica. Noi abbiamo sempre promosso le benedizioni come messaggio di pace – continua la preside – la partecipazione è sempre stata altissima, a dimostrazione che il rito è vissuto con grande identificazione culturale oltre che religiosa». Durante il consiglio di Istituto è stato sollevato anche il tema di cosa si intenda per «laicità» della scuola: «Abbiamo chiesto alla rappresentante dei ricorsisti al Tar quando di preciso si violasse la laicità della scuola. Se all’ingresso del prete nell’edificio scolastico, se durante l’accoglienza, se nel momento della benedizione a partecipazione volontaria. Non abbiamo avuto risposta e questo dimostra che non ci sono motivazioni profonde, solo ideologia». L’arcidiocesi di Bologna non commenta, ma il vicario generale don Giovanni Silvagni non nasconde il suo parere: «L’istituto ha fatto una scelta dettata dal buon senso. A nessuno interessa un braccio di ferro. L’acqua santa nelle scuole è un’occasione per tutti perché ricorda l’amore e la pace. Queste distinzioni manichee tra pubblico e privato, tra rito e manifestazioni culturali non fanno parte della definizione di laicità del nostro Stato, né tantomeno del futuro pensiero degli studenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: