martedì 20 agosto 2019
A Rimini il preposito generale della Compagnia di Gesù parla dell'attuale Pontificato, di giustizia e di riconciliazione
Padre Sosa a Rimini

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Il tema scelto dal Meeting per dialogare con il Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Arturo Sosa - “Imparare a guardare il mondo con gli occhi del Pontificato di Francesco” -, ha messo al centro quel che sembra scontato e che scontato non è. Imparare a guardare significa saper davvero decodificare, superando i pregiudizi. Prendiamo ad esempio il cuore dell’insegnamento ignaziano, il discernimento: «Non va frainteso - ha puntualizzato Sosa - nel senso di un “fare ciò che voglio” e giustificarlo. Alcune tendenze delle culture contemporanee sembrano svuotare il discernimento dal suo significato antropologico, cioè dal senso di obbligazione verso gli imperativi della coscienza, dalla responsabilità verso i poveri che soffrono, dall’obbedienza alla volontà di Dio».

Spostata sul piano politico, la difficoltà non consiste tanto nel capire, quanto nel voler capire. E può diventare uno scoglio insuperabile quando si analizza il pontificato di Bergoglio in chiave ecclesiologica. Sant’Ignazio affermava che «ai problemi nuovi della Chiesa e del mondo non si possono dare risposte vecchie»; quindi, «per riformare le istituzioni è necessario riformare il cuore di chi le governa» ha detto il Generale dei Gesuiti. Sottolineando che «nei cambiamenti d’epoca come il nostro, ogni riforma interna alla Chiesa inizia dal recuperare il rapporto con se stessi in relazione a Cristo, in comunione con il successore di Pietro».

Questo atteggiamento permette di leggere correttamente le preferenze apostoliche della Compagnia di Gesù, approvate dal Papa, ma va ben oltre le dinamiche della Compagnia di Gesù: «Tutti i gesti, le parole e le scelte del Pontificato di Francesco vanno letti con questo sguardo universale, che ricompone le tensioni, i fraintendimenti e gli interessi particolari».

Anche il magistero sociale di papa Francesco è ispirato da questa riforma del cuore e lo stesso leitmotiv della giustizia sociale non può essere ridotto alla frequente lettura politologica di un papato “di sinistra”, poiché «la giustizia può essere nutrita dalla radice della vendetta o dalla radice della riconciliazione. La giustizia, come frutto della riconciliazione - ha ricordato Sosa - è rimettere a posto le relazioni costruite su basi sbagliate, quelle tra le persone, tra i popoli e le loro culture, con la natura e con Dio».

Dal momento che il discernimento non ha nulla di opportunistico, anche un cuore riformato sente il bisogno di agire per realizzare la giustizia: «La dimensione politica rimane di primaria importanza per promuovere la giustizia e la riconciliazione - ha spiegato - e un mondo giusto e governato democraticamente richiede di essere autenticamente cittadini; investire nella formazione alla cittadinanza ci aiuterà a rafforzare la democrazia politica, a promuovere le organizzazioni sociali impegnate nella ricerca del Bene Comune e ad arginare le nefaste conseguenze delle diverse forme del “neo-liberalismo”, del fondamentalismo e del populismo». Il ragionamento culmina in un appello: «Sono necessarie persone che governino ponendo il bene comune al di sopra degli interessi particolari, anche se legittimi. Dal punto di vista cristiano, diventare un “politico” significa ascoltare e rispondere a una chiamata del Signore. È parte della missione di riconciliazione e giustizia scoprire, promuovere e formare vocazioni al servizio pubblico. È questa la politica con la “P maiuscola” di cui parla Francesco». Una politica che, come avviene anche al Meeting, cerca i fattori unitivi. È la forza sotterranea del discernimento che «aiuta la costruzione del bene comune: chi lo compie riceve in dono «coraggio, forza, consolazioni e pace», come scrive Ignazio di Loyola.

Attraverso il discernimento non ci si divide più tra credenti e non credenti, ma tra uomini morali e non, tra chi promuove il bene di tutti e chi semina paura e divisione. Nel discernimento comunitario, poi, i limiti delle crisi personali e sociali possono lasciar spazio alla vita che nasce dopo la morte e ai nuovi segni dei tempi. La Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Uomo è l’esempio di come i popoli e le Nazioni abbiano fatto un discernimento maturo, mettendo al centro la dignità della persona. Purtroppo, in questi ultimi anni assistiamo a una contrazione dell’universalità dei diritti umani, vediamo cambiare il rapporto tra legge e potere». Dal Messico al Mediterraneo, il resto è cronaca.

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