Sono molto stanchi, ma fisicamente in buone condizioni i 58 eritrei evacuati da Tripoli e arrivati martedì sera a Crotone, a bordo di un C130 dell’Aeronautica militare. Complessivamente 18 nuclei familiari: 18 donne, 26 minori (tra cui molti neonati, il più grande ha appena undici anni) e 14 uomini, sono stati ospitati all’interno del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Sant’Anna. L’evacuazione è stata coordinata dall’ambasciata italiana di Tripoli, dal Consiglio italiano per i rifugiati, da don Mosé Zerai presidente dell’agenzia Habeshia e dal vescovo cattolico della capitale libica, monsignor Giovanni Martinelli. I profughi, tutti richiedenti asilo, sono arrivati muniti di un lasciapassare rilasciato dall’ambasciata italiana a Tripoli e dal Cir, molti di loro hanno anche un documento dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati che attesta la loro condizione. «Un grazie all’Italia per aver messo in salvo, con un importante atto umanitario, i profughi eritrei. Questo gesto è un precedente importante e positivo», commenta don Mosé. E anche se per il momento il trasferimento riguarda «un gruppo relativamente ristretto di rifugiati», anche Cir esprime apprezzamento per l’operazione: «Un gesto umanitario nei confronti di persone che non possono essere rimpatriate, che vivevano in Libia nella paura di subire attacchi», commenta il direttore Christopher Hein. La speranza, ora, è che anche altri Paesi dell’Ue seguano l’esempio dell’Italia e che si facciano carico dell’evacuazione degli altri profughi che si trovano in Libia: circa 2mila persone, esposte agli attacchi dei libici. «Gli eritrei a Tripoli sono trattati come nemici. Gli insorti li scambiano per mercenari di Gheddafi, mentre i militari del colonnello potrebbero essere tentati di prenderli in ostaggio», spiega don Zerai.