venerdì 13 luglio 2012
​Oggi l’annuncio: «Sceglierò facce nuove». Fini: la gente non crede più ai suoi miracoli.
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​Nel caso qualcuno avesse ancora dubbi, Fabrizio Cicchitto esce da Palazzo Grazioli e quasi cerca i cronisti: «Si, Silvio Berlusconi sarà il nostro candidato premier». E le primarie? «Con lui in campo, il problema non si pone». Tutto archiviato, il partito è pronto a soffocare i mal di pancia perché «alternative non ce ne sono», come dicono in coro falchi e colombe, aennini e forzisti, socialisti e liberali. Si potrebbe tornare indietro - è l’impressione diffusa - solo se ad ottobre arrivasse una condanna nel caso-Ruby.L’ex premier ieri pomeriggio ha dato un colpo di spugna alle decisioni prese appena un mese fa dall’ufficio di presidenza (primarie a ottobre con Angelino Alfano in pole position), lasciando uno spiraglio (flebile) solo per l’indicazione diretta da parte del popolo dei candidati che correranno nei collegi. Nella testa del Cavaliere, il problema nemmeno esiste. Ieri le sue parole andavano da tutt’altra parte: «Sarà una campagna elettorale povera, dovremo autofinanziarci. Non è un caso se sto per dare Ibrahimovic e Thiago Silva al Paris Saint Germain», ha confidato Berlusconi ad Alfano, all’ex ministro Ignazio La Russa e ai vertici Pdl di Camera e Senato. E poi c’è una strategia da pensare nei dettagli, perché sarà difficile tenere insieme le rassicurazioni sul «pieno sostegno a Monti» e la necessità di recuperare «tre-quattro punti a Grillo» con messaggi più forti su tasse, debito pubblico ed Europa. Qualcosa in più lo si capirà oggi, quando il Cavaliere comparirà con Alfano ad una kermesse dei Cristiano riformisti per tastare gli umori della base. La sensazione è che possa venire fuori anche il nuovo nome del partito.Ieri pomeriggio a Palazzo Grazioli si è parlato molto di soldi, nomi e legge elettorale. Berlusconi ha fissato una linea-Maginot: preferenze per scatenare sindaci e consiglieri nella caccia al voto, una quota "bloccata" gestibile direttamente da lui per lanciare «volti nuovi». Per incassare il bottino, l’ex premier vuole tenere la tensione alta a Palazzo Madama e invita - con una lettera autografa ai suoi senatori - a insistere sul semipresidenzialismo. Quanto al possibile "ticket" con una donna, si continuano a fare i nomi di Federica Guidi (ex Confindustria) e della neo-consigliera Rai Luisa Todini. In ogni caso, Berlusconi ha promesso alla vecchia guardia che non ci sarà il temuto repulisti.Dentro il partito, dopo la sorpresa, regna una sorta di fatalismo. «Tutti i dirigenti ed evidentemente anche la base elettorale lo vogliono», si spinge a dire il presidente del Senato Renato Schifani. «Abbiamo fallito il rinnovamento, non abbiamo colmato il vuoto dei moderati e ora deve pensarci lui», dice chi aveva puntato su Angelino Alfano. Dunque nessuno alza la voce. Solo il sindaco di Roma Gianni Alemanno invoca il ritorno alla leadership designata di Alfano e alle primarie (anche per il Cavaliere), annunciando la volontà di incontrare «faccia a faccia» l’ex premier. Il primo cittadino della Capitale è l’unico big in sintonia con la protesta - in realtà attutita lungo il pomeriggio - dei "formattatori". I giovani amministratori del Pdl prima avevano buttato nello stagno la proposta di sottoporre anche Berlusconi alle primarie, poi si sono accontentati di ottenerle almeno per chi correrà sul territorio.Ora la partita si sposta sui contenuti e gli obiettivi della campagna elettorale. L’ala che fa riferimento all’ex ministro Franco Frattini, ma anche chi orbita intorno a Beppe Pisanu, assicura di aver strappato al Cavaliere un tacito accordo: «Il suo ritorno in campo serve solo a recuperare un po’ di voti per consolidare, nella prossima legislatura, una grande coalizione intorno a Mario Monti». A sentire gli ex An come Maurizio Gasparri, invece, la discesa in campo ha un solo fine: riconquistare Palazzo Chigi.Nella notte il via-vai a Palazzo Grazioli prosegue, mentre intorno è un fiorire di ironie e stroncature. La più dura è quella del presidente della Camera Gianfranco Fini: «Gli italiani hanno capito che non è più tempo di "miracoli" e conflitti di interesse». Per Casini, invece, il rientro di Berlusconi è semplicemente un «problema» del Pdl. E la Lega si rammarica per il passo indietro di Alfano.
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