mercoledì 17 luglio 2013
A una settimana dalla storica visita di Papa Francesco a Lampedusa, riflessione della Fondazione Migrantes e della Commissione episcopale per le migrazioni. Il cardinale Vegliò: «Dovremmo avere tutti negli occhi questa umanità sofferente».
COMMENTA E CONDIVIDI
Invece della globalizzazione dell’indifferenza, una fratellanza senza confini. «L’invito a educare le nostre comunità alla solidarietà verso i fratelli migranti» è «il primo impegno concreto che nasce dalla visita del Papa a Lampedusa». Lo affermano i vescovi della Cemi (Commissione episcopale per le migrazioni) e la Fondazione Migrantes.A poco più di una settimana, la storica visita di Francesco nella piccola isola nel cuore del Mediterraneo non smette di far riflettere. Negli ultimi decenni l’Italia è diventata una delle mete dell’immigrazione: «Cinque milioni di persone, di 200 nazionalità diverse, con esperienze religiose differenti hanno reso l’Italia un paese globale – scrivono Cemi e Migrantes – Come l’arrivo di 35 milioni di migranti in Europa l’hanno resa una “casa comune” per molte persone e famiglie». E affinché «l’incontro tra persone non generi ingiustizie, discriminazioni, morte, ma una nuova storia di convivenza civile» prosegue il comunicato, occorre «non dimenticare nella stagione estiva, tempo anche di rinnovati sbarchi sulle coste italiane, l’appello di Papa Francesco a una nuova responsabilità verso i migranti». Quell’appello che, nel polveroso stadio di Lampedusa, Bergoglio ha lanciato richiamando l’immagine del buon samaritano: «Siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare – ha detto Francesco nell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica – Guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto». Quella cultura del benessere, ha proseguito il Papa, «ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio». Parole, queste, che hanno dato «una frustata anche alla Chiesa», spronandola ad «andare avanti, non demoralizzarsi», ha detto in un’intervista a Famiglia Cristiana il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio che si occupa delle migrazioni: «purtroppo», ha sottolineato, anche ad alcuni cattolici i profughi e migranti spesso «danno fastidio». Una tragedia dietro l’altra: «Cento milioni di rifugiati e 220 milioni di migranti che fuggono perché c’è la guerra, perché non mangiano, perché cercano la libertà – aggiunge il cardinale – Dovremmo averla tutti negli occhi questa enorme parte di umanità che soffre, perché solo così ci possiamo vergognare». E reagire: «I migranti ci saranno finché qualcuno non decide di cambiare le politiche economiche – conclude il presidente del Pontificio consiglio che si occupa di migrazioni – Invece sembra che questo non sia un problema per nessuno».E mentre le tragedie ci passano ogni giorno sotto gli occhi, l’indifferenza globale ci anestetizza pure il cuore.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: