giovedì 16 dicembre 2010
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Il rito della pausa caffè. Ma anche lo snack per tamponare un buco di fame. E poi la salvezza per un acquisto non fatto in tempo. O l’idea per un regalo e un mazzo di fiori… last minute. La macchinetta è lì. Ovunque. In ufficio, in metropolitana, in aeroporto, all’università, in ospedale, per strada. Posto che vai macchinetta che trovi. Per ogni esigenza. Lei è lì che aspetta. Immobile. Con una vetrinetta ben illuminata e un mondo dietro. Sì, perché in quella macchinetta c’è un’intera catena di produzione, ci sono business e marketing, distribuzione e pubblicità, sociologia e ricerca sociale. Un mondo sì. Che scorre a colpi di monetine e chiavette ricaricabili.I distributori automatici (versione ufficiale di «macchinetta») sono in Italia 2,5 milioni, per un numero di consumazioni che sfiora i sei miliardi. Il tutto per un fatturato – non certo irrilevante – di 2,4 miliardi di euro. Il vending (la vendita attraverso i distributori automatici) conquista fette di mercato sempre più grandi. E nonostante la crisi non sia passata inosservata (con un calo dei consumi), tendenzialmente è aumentato il numero di italiani che ne fa uso. Una ricerca presentata da Cra per Venditalia, la principale fiera della distribuzione automatica, rileva che sono 26 milioni gli italiani che consumano prodotti ai distributori automatici, tre milioni in più rispetto al 2006. Il 21 per cento del campione consuma anche più volte alla settimana. «I distributori automatici sono entrati ormai nel costume sociale del nostro Paese – afferma Marco Monaco, presidente di Venditalia. – Lo dimostra anche il fatto che in un periodo di contrazione dei consumi sia aumentato il numero dei consumatori. Soprattutto fra donne e ultra 65enni. Dati incoraggianti perché, nel momento in cui ci sarà la ripresa, potrà tornare ad aumentare la frequenza d’uso per una base di consumatori più ampia con conseguenti effetti positivi sull’intero settore».I consumi maggiori si effettuano negli uffici e nelle fabbriche (37 per cento), seguiti da ospedali (23,8), università (17,4), centri commerciali (15,2), esterno di punti vendita come tabaccai e farmacie (11,4), distributori di benzina (9,5), stazioni ferroviarie (8,6). Un sistema che coinvolge e stuzzica sempre più l’interesse di importanti aziende del largo consumo che decidono di prendere in considerazione questo canale di vendita. Ma perché comprare alle macchinette? Innanzitutto per la comodità del servizio (lo pensa il 67 per cento del campione), mentre per il 33,7 prevale la velocità. La presenza capillare è segnalata dal 26,5, seguita dall’ampia possibilità di scelta (15,5).Un’analisi condotta dal Censis ha rilevato le positività connesse ai distributori nei luoghi di lavoro. Per il 32 per cento contribuisce a creare un clima di lavoro più sereno fra i colleghi, per 28,5 permette di acquistare prodotti a prezzi contenuti, per il 25,3 è sintomo di attenzione alle esigenze dei dipendenti da parte della direzione dell’ufficio. «Una delle grandi doti tipiche di questo mercato – afferma Giuseppe De Rita, presidente del Censis – è la sua incredibile capacità sociale. Spesso l’area della macchinetta diventa il fulcro di conversazioni e attimi di pausa da passare in compagnia. L’altro pregio da riconoscere al vending è insito nella sua struttura organizzativa: essenzialmente orizzontale».La crisi non ha risparmiato – lo si accennava prima – la macchinetta. Secondo le rilevazioni di Confida, la forte concentrazione nelle fabbriche e nelle aziende ha causato nel 2009 la riduzione di circa il 7 per cento delle consumazioni, di quasi il 12 del fatturato e dell’1,14 del numero di distributori automatici. «Ci aspettavamo questa riduzione – ha commentato Lucio Pinetti, presidente dell’Associazione italiana distribuzione automatica. – Ma siamo molto ottimisti. Il nostro settore è a strettissimo contatto con il consumatore finale, è presente sui luoghi di lavoro con il 90% delle macchine ed è quindi una infallibile cartina di tornasole dello stato di salute del Paese. Il vending nasce nelle fabbriche, la pausa caffè e il distributore automatico sono state tra le rivendicazioni operaie nello Statuto dei lavoratori del 1970. Abbiamo dunque subito registrato il momento di congiuntura negativa e oggi ci sembra di poter affermare che la ripresa sia alle porte. Fra l’altro, nonostante le indubbie difficoltà, il settore mantiene salda la propria leadership mondiale». Le imprese che producono i distributori continuano infatti a esportare il 70 per cento del proprio fatturato soprattutto in Francia, Penisola Iberica, Germania, Gran Bretagna e Paesi dell’Est.La macchinetta insomma resiste. Cambia. Ci accompagna nelle tendenze e nelle esigenze. Per farsi trovare sempre pronta dietro l’angolo, col prodotto giusto. Anche in queste calde e desolate giornate di «deserto» cittadino in cui un distributore ci salverà. Una "carriera" non da poco, dal primo distributore importato dagli americani nel Dopoguerra, col carico di Coca Cola. Con processi tecnologici straordinari come lo schermo touch screen e pagamenti con cashless, senza denaro liquido. La fantasia non manca. Anche sui prodotti. Spuntano distributori di spremute di arance rosse di Sicilia o di fumanti piatti di pasta cotti al dente. Nelle città inoltre sono sempre più diffusi i «free shop», autentici supermercati automatici dove si trova di tutto a qualunque ora. Anche se – nell’immaginario collettivo – la macchinetta resterà sempre associata al tradizionale rito della pausa caffè, il social network «reale». Una chiacchierata con i colleghi, fra discussioni, confidenze e gossip. Ah, se le macchinette potessero parlare... Ma quelle ancora non le hanno inventate. Per adesso.
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