lunedì 29 giugno 2015
Allo studio del governo nuovo ddl, testo unico o intervento nella Stabilità. Il sottosegretario Baretta ha ufficializzato la retromarcia del governo, dopo la protesta delle associazioni e dell’opinione pubblica.
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«È vietata in modo assoluto qualsiasi forma di pubblicità, di sponsorizzazione o di promozione di giochi con vincite in denaro, offerti in reti di raccolta sia fisiche sia online». Così recitava all’articolo 31 l’ultima bozza (datata 22-6-2015) del decreto legislativo sul riordino del gioco d’azzardo. Niente più pubblicità ingannevole ai danni dei cittadini, finora indotti a puntare denaro da un vero bombardamento mediatico: questa sarebbe stata la buona notizia. Sarebbe stata, però. Perché subito dopo è arrivata la doccia fredda: ieri scadevano i termini perché il Consiglio dei ministri approvasse i decreti legislativi che avrebbero riorganizzato il comparto del gioco d’azzardo, dunque tutto da rifare. E la bozza? «Come se non fosse mai stata scritta».A dare la notizia, e poi la contronotizia, è stato proprio Pier Paolo Baretta, sottosegretario dell’Economia e delle Finanze, l’uomo chiave cui il governo ha affidato la parte della delega fiscale sul riordino dell’azzardo, invitato al convegno nazionale “Smetto quando voglio”, organizzato a Bologna dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. «La delega è decaduta oggi – ha spiegato il sottosegretario, all’interno della sua ricostruzione dei fatti –. Dunque il decreto è come se non ci fosse mai stato. Ma mesi di dibattito non saranno buttati al vento – ha promesso – e  serviranno per ricominciare da capo». Una prospettiva che ha gelato le attese degli altri relatori, tra i quali Matteo Iori, presidente del Conagga, realtà che riunisce ben 238 gruppi di trattamento per giocatori compulsivi e il deputato Pd, Lorenzo Basso, promotore dell’intergruppo parlamentare contro l’azzardo. «Nel 2014 gli italiani hanno bruciato nel gioco oltre 84 miliardi di euro – ha avvertito Iori –. Eppure di questi allo Stato restano meno di 8 miliardi, il grosso del bottino va alla filiera che regge l’azzardo». Mai al giocatore. Anche l’obiettivo di legalizzare le slot machine per sottrarre il business alla criminalità non basta a giustificare lo Stato biscazziere: «La Direzione nazionale antimafia nel 2014 ha denunciato che le cosche gestiscono anche le attività legali».«È assolutamente prioritario vietare ogni forma di pubblicità all’azzardo – ha rincarato Lorenzo Basso –, anche per squarciare quel velo di ipocrisia per cui giornali e tivù, che da queste pubblicità ingannevoli traggono risorse, tacciono su una piaga sociale gravissima. Tranne Avvenire, a livello nazionale c’è un silenzio imbarazzante».Ma, come detto, il sottosegretario Baretta, da quanto ha lasciato trapelare, non avrebbe fatto in tempo a comunicare il tanto sospirato divieto agli spot. Domenica scorsa, esattamente il giorno prima che l’ultima versione della bozza venisse presentata a Palazzo Chigi, proprio il nostro giornale aveva denunciato tutti i rischi nascosti nelle pieghe di un testo (la bozza datata 8 giugno) che ancora ammetteva la pubblicità ingannevole durante tutte le trasmissioni sportive (praticamente sempre) e soprattutto esautorava Comuni e Regioni, mandando al macero fior di provvedimenti come la riduzione degli orari per le sale giochi e la distanza obbligatoria dai luoghi sensibili. Lo stesso Baretta si era impegnato, il 21 in un’intervista ad Avvenire, a rendere più rigorosa la norma. Per venerdì si attendeva che lo schema di decreto arrivasse al vaglio del Consiglio dei ministri, ma così non è stato: «Sull’azzardo il dibattito non era maturo», ha spiegato l’altra sera Matteo Renzi annunciando il nulla di fatto, «abbiamo svolto un lavoro positivo, se necessario lo utilizzeremo nella prossima legge di Stabilità».Ora sono tre le ipotesi, secondo lo stesso Baretta: o si farà un disegno di legge che recuperi i contenuti fino a qui elaborati, da calendarizzare si spera in tempi rapidi; o si affronterà il tema nella legge di Stabilità, come accennato da Renzi («Ma lo vedo poco fattibile, perché la Stabilità consente solo interventi finanziari, non ordinamentali»); o infine «si potrebbero prendere i disegni di legge già presenti in Parlamento, farne un unico testo e implementarli».«La classe politica ha enormi responsabilità – ha ammonito allora Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII –. Noi chiediamo con fermezza leggi giuste. Il Parlamento sia coraggioso, se il Codice civile dice che l’azzardo è illecito e immorale, trasgredite, disobbedite ai vostri partiti, dateci una vera inversione culturale. Vogliamo la moratoria di tutti i gratta e vinci e delle slot machine, e la proibizione del gioco on line: non accettiamo la logica del male minore, in tutte le forme di dipendenza sperimentiamo ogni giorno sui ragazzi che fatica comporta il cammino di liberazione». Inoltre Ramonda chiede una tassazione al 95%: «Perché gli stipendi dei cittadini sono tassati al 50% mentre le lobby dell’azzardo all’8%? In Australia un pacchetto di sigarette costa 25 dollari, chi vuole il gioco se lo paghi».Tutti d’accordo, infatti, che l’azzardo è «un male». O, come ha ben riassunto il vescovo di Imola, Tommaso Ghirelli, «una trappola che contraddice quella lealtà su cui si fonda la vita sociale».
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