venerdì 30 ottobre 2020
Oggi ci sarebbe dovuta essere la pronuncia, ma il giudice ha fissato altre due udienze. La difesa delle famiglie delle ragazze: «Soddisfatti, approfondimento doveroso». Il pm aveva chiesto 5 anni.
Cristina Romagnoli di spalle, madre di Camilla, con amici e familiari durante il processo per la sentenza sulla morte di Gaia e Camilla.

Cristina Romagnoli di spalle, madre di Camilla, con amici e familiari durante il processo per la sentenza sulla morte di Gaia e Camilla. - ANSA

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Sentenza rinviata. Era attesa per oggi la pronuncia del tribunale di Roma per Pietro Genovese, il diciannovenne figlio del regista Paolo che il 22 dicembre scorso ha investito a Roma - risultando poi positivo ai test alcolemici e tossicologici - Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann, morte sul colpo. Invece il gup Gaspare Sturzo ha deciso di fissare due udienze per il 4 e il 14 novembre per sentire i periti che hanno svolto le consulenze tecniche e i testimoni dell’incidente. «Siamo soddisfatti, quello disposto dal giudice è un approfondimento doveroso», ha detto Giulia Bongiorno, avvocato di parte civile del papà di Gaia. E ancora: «Era stata fatta un ricostruzione sbagliata. C’era stato un errore sin dall’inizio nell’individuazione del punto di impatto. È importante che non ci sia stata una decisione di una ricostruzione parziale e fuorviante». A confermare che il gup voglia vederci chiaro è anche l’avvocato di Pietro Genovese Franco Coppi: «Il giudice ritiene evidentemente di dover approfondire le fonti di prova». «Visto che le sentenze si emettono al di là di ogni ragionevole dubbio è evidente che c’è qualcosa che il giudice vuole chiarire», ha commentato Gianluca Tognozzi, l’altro avvocato dell’imputato.

La decisione del gup arriva dopo la richiesta del pm Roberto Felici, che il 28 settembre aveva chiesto una condanna a 5 anni con l’accusa di omicidio stradale plurimo. Udienza durante la quale Genovese aveva chiesto di poter prendere la parola per raccontare la sua versione dei fatti: «Non ho visto le due ragazze. Ricordo di essermi fermato al semaforo e di essere ripartito con il verde. Non volevo uccidere nessuno né volevo scappare: la mia vita è distrutta», aveva detto. Quella notte infatti lui si fermò dopo averle investite, ma lo fece solo duecento metri dopo il luogo in cui si presume sia avvenuto l’impatto. Da qui il sospetto che avesse pensato di non fermarsi e tentare la fuga nel diluvio. In zona corso Francia infatti la notte tra il 21 e il 22 dicembre dello scorso anno pioveva a dirotto, e alcuni testimoni hanno confermato che le due sedicenni avessero attraversato col semaforo rosso. Ipotesi negata dalla difesa delle famiflie delle ragazze.

E le due parti non hanno tesi diverse solo su questo. I punti su cui bisogna fare chiarezza sono infatti ancora tanti. Ad esempio: diversamente da quanto viene affermato dagli avvocati delle famiglie delle ragazze, il perito Mario Scipione sostiene che Gaia e Camilla non abbiano attraversato sulle strisce pedonali. Poi: in una relazione tecnica della polizia postale si legge che Pietro Genovese fosse stato al telefono quando ha investito le due sedicenni. E ancora: ha travolto le ragazze perché distratto alla guida e sotto effetto di stupefacenti o non le avrebbe viste lo stesso data la pioggia? A che velocità viaggiava l’auto di Pietro Genovesi?

Tutti interrogativi, questi, a cui il gup cercherà risposte nelle prossime udienze.

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