martedì 20 settembre 2016
Nei centri storici distrutti, dove si riuniscono i sopravvissuti. Da Castelluccio di Norcia a Montefortino, nel Marchigiano, continuano i lavori di messa in sicurezza degli edifici in piedi E per i bambini la speranza è una ludoteca
Sisma, c’è vita nella zona rossa
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«Appena si può, si riparte. Tutto bene ». È il biglietto da visita che ti accoglie a Castelluccio di Norcia, famoso in tutta Europa per paesaggi, lenticchie e piatti tipici, adesso poco più che un cumulo di macerie. Un paese diventato fantasma a tempo record. In giro, solo divise. I vigili del fuoco lavorano senza sosta, tra verifiche e messa in sicurezza degli edifici, per liberare strade strategiche per rifornimento viveri, scortare gli (ex) residenti nelle loro case in centro, tutto zona rossa, per recuperare gli effetti personali. Il tour oltre le transenne lascia senza parole. Su 52 attività, solo due sono rimaste aperte, risparmiate dal mostro che si è mangiato tutto, trovandosi appena fuori dal centro.

Di mangiare, se non in questi due posti, non se ne parla. «Ha spanciato, ha messo la pancia – indica una casa Gianluca Mosca, il caposquadra che ci accompagna nel viaggio silenzioso tra le rovine –. Certo, è inutilizzabile, ma almeno questa non è crollata». Per entrare, bisogna lasciare un documento, comunicare nome e cognome e motivo dell’ingresso. Palazzi 'col buco', tetti e case crollati, nessuno per strada. Passa mezz’ora, e l’unico movimento tra le vie è sempre quello della gru, con cui stanno mettendo in sicurezza il campanile della chiesa. La vita scorre fuori da qui, nelle tende, lontane. Di giorno, cinque persone che abitavano il paese si incontrano ancora nel centro storico. E raccontano: «Se il sisma fosse avvenuto qualche giorno prima, sarebbe stata una strage – afferma Luigi –, nel fine settimana ci sono 15.000 turisti. 

Per fortuna, invece, di noi 130 residenti nessuno si è fatto male. Ma non possiamo più entrare in casa, e l’economia è completamente ferma». «Adesso bisogna andare veloci, subito via dalle tende - aggiunge un altro residente, Agostino Tuccini –, dev’essere questa la priorità (tra un mese le temperature scenderanno di molto), insieme al far ripartire immediatamente il commercio. Il paese di terremoti ne ha dovuti passare tanti, ma crolli non ce n’erano stati». C’è un detto, quassù, a 1.500 metri: «Norcia è stata spianata sette volte, Castelluccio mai». Ma anche le certezze da sempre parte del patrimonio popolare, adesso iniziano a vacillare. Lasciando Castelluccio, per andare verso il Fermano bisogna ridiscendere a valle, attraversare le piane verdi e gialle, girare a sinistra e varcare Forca di Presta. Si incontrano Montegallo, anche questo lesionato dal sisma, Montemonaco – che pure non è stato risparmiato – fino a che, prima di arrivare ad Amandola (con ospedale inagibile) ci si trova a Montefortino: su 2.500 residenti, 150 sono sfollati (e altri sono in arrivo, per case a rischio inagibilità), di cui circa 20 bimbi accampati nella tendopoli ai piedi del paese.

«Se fai sorridere un bambino, la casa l’hai già ricostruita», raccontano i volontari della Protezione civile. Qui infatti, tra tende tutte uguali, se ne distingue una speciale, piena di colori, giochi e pupazzi: la ludoteca. Tanti i disegni appesi alle sue pareti, soggetto più rappresentato: una casa. Casa a forma di tenda, casa con camion dei pompieri, case alte, case basse. Le abitazioni che hanno perso. Un trauma, questo mostro di terremoto, anche per i più piccoli, che i volontari si stanno impegnando a fronteggiare. «Abbiamo fatto volare tanti palloncini colorati verso Amatrice – dicono Eleonora Rossi e Daniele Scoccia –, il vento portava verso là, quel giorno. Qui si fa quel che si può e in molti bimbi si vede il miglioramento. Stiamo ottenendo risultati importanti, attraverso il disegno, la musicoterapia, la pet therapy. Soprattutto, giochiamo.

Perché, mentre si gioca, le scosse non si sentono ». A Montefortino la pinacoteca Duranti è fuori uso, pure le chiese sono inagibili. «Trovare un posto dove celebrare il prossimo funerale – sottolinea il parroco don Giampiero Orsini – sarà un grosso problema». Neanche il santuario di Madonna dell’Ambro (quattro chilometri da Montefortino), il più antico delle Marche, è stato risparmiato: fuori c’è il divieto d’accesso, la chiesa è transennata, inagibile. Sul piazzale, un tendone: adesso è qui che si celebrano cinque messe la domenica, una al giorno nei feriali. Così giace ora 'la perla', 'il polmone dei Sibillini'.

E i cinque frati che vi risiedevano sono stati costretti a trasferirsi nel convento di Amandola. «Questo è luogo di profonda spiritualità – spiega il rettore Padre Gianfranco Priori –, il terremoto, che lo ha lesionato, ha tolto qualcosa al cuore di tanta gente. Ma anche dopo il sisma i pellegrini continuano a venire. Qui si respira, ci si sente amati da Dio. E, più che di mattoni per ricostruire le case, ora c’è bisogno di speranza».

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