mercoledì 16 maggio 2018
La favola degli azzurri di Bearzot, dagli esordi sottotono alla finale con la Germania Ovest dell’urlo di Tardelli. Tutto su «Avvenire»
1982 - «Siamo campioni del mondo» L’Italia trionfa in Spagna
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Campioni del mondo! Peccato che Avvenire non possa sparare il titolo in prima, come si usava dire, a caratteri cubitali, come tutti. Al Mondiale 1982 in Spagna la finale Italia-Germania Ovest si gioca la domenica sera, e Avvenire al lunedì non esce.

Peccato davvero. Martedì 13 luglio il trionfo dei ragazzi di Bearzot è affidato ad Angelo Scelzo, che racconta il ritorno in patria degli eroi iridati, il muro di folla che li accoglie, il viaggio al Quirinale e a Palazzo Chigi. Fino a un episodio che giustifica ampiamente la nostra scelta per questa pagina. Scrive Scelzo: il presidente del Consiglio Spadolini «da storico ha dovuto prendere atto del significato di questa impresa. Alla partenza della squadra per la Spagna aveva detto: "Se voi vincerete il mondiale, la memoria storica del 1982 per gli italiani sarà molto più legata ai vostri nomi che a quelli del governo Spadolini. Così è dunque stato, e io e i miei ministri dovremo rassegnarci a questa realtà"».

A Scelzo il mattino dopo, la notte del trionfo a Gigi De Fabiani, che così chiude il suo pezzo: «Domenica sera noi padri abbiamo imparato dal televisore la più bella favola che racconteremo ai figli dei nostri figli. Racconteremo di quegli eroi del pallone cui nessuno credeva, neppure i più bravi giornalisti, che riuscirono a battere i campioni del mondo dell’Argentina e poi i bravissimi, funambolici brasiliani, poi i polacchi, e in una finale dalle mille emozioni surclassarono i favoriti, i bianchi della Germania. Racconteremo ai nostri nipoti di questo lungo giorno di gioia, il più lungo di un anno oscuro, di un giorno in cui la gente finalmente era stata conquistata dalla gioia».

Tutto vero, ma fino a un certo punto. Anche se nei mesi precedenti il Mondiale l’Italia fa sincera pena, al sorteggio della prima fase (Polonia, Perù e Camerun) regna l’ottimismo: «È un girone decisamente favorevole» scrive Avvenire il 17 gennaio. Inviato in Spagna è Carmelo Azzolina, completa la squadra Bruno Amatucci. I pronostici dicono – scrive Azzolina il 13 giugno – Argentina e Brasile per l’America Latina, Germania, Spagna e Urss per l’Europa.

L’esordio con la Polonia «sta stretto all’Italia», lo 0-0 va bene perché i polacchi erano giudicati gli avversari più temibili, poi passeggeremo con Perù e Camerun. Eppure, annota Azzolina, «la partita si è conclusa ancora una volta tra i fischi degli spettatori delusi e amareggiati». Il nostro inviato, come tutti del resto, è severo e drastico: «È ormai chiaro che qualcosa si dovrebbe cambiare in attacco, dove la coppia Rossi-Graziani non sembra troppo bene assortita». In effetti con Perù e Camerun la tristezza è infinita. «Il nostro gruppo – scriviamo il 22 giugno – ha l’etichetta del più mediocre del Mundial». Chi può immaginare che invece ben due semifinaliste usciranno da lì? Arriva il giorno del Camerun e Azzolina cambia mira: «Il grosso problema della nostra nazionale è rappresentato dalla fragilità finora dimostrata dal centrocampo», sì, proprio il reparto di Tardelli, Oriali e Antognoni, celebrato come il migliore, forse, della nostra storia.

L’Italia passa il turno a stento ma con Argentina e Brasile è agnello tra i lupi. Avvenire sulla prima pagina del 24 giugno è molto severo: «Gli azzurri nella morsa dei latini. I nostri pavidi eroi hanno già intascato la bellezza di 50 milioni». E a pagina 12: «Gli azzurri hanno tradito l’attesa degli sportivi». Pavidi e traditori, dunque. Ma l’aria sta per cambiare, eccome. 30 giugno: «La nazionale risorge contro l’Argentina», «gara gagliarda», «tripudio per i tifosi italiani», «l’Italia ha frantumato l’Argentina». Il 6 luglio, dopo Italia-Brasile 3-2, il pacatissimo e silente Piero Lugaro si entusiasma ma fino a un certo punto: «Che pomeriggio! Urla improvvise, simili a boati, riempivano l’aria, facendo trasalire, nonostante tutto, qualche superstite persona ignara (...) per un’onda di allegria forse un po’ folle, forse troppo enfatica».

Amatucci è assai meno misurato: «È finita con il grido "Italia Italia". Nessuno avrebbe dato una lira su questa nostra nazionale». Che cosa succede, e perché il Mundial 1982 entra subito di prepotenza nell’immaginario collettivo italiano, di un’Italia che nel massimo sconforto sa dare il meglio di sé e risorgere? Lo spiega Amatucci: i rappresentanti dell’Italia, «Paese più volte deriso da tutti, oggi si sono tolti una grossa soddisfazione e hanno dato a noi un orgoglio che da tempo ci eravamo dimenticati».
Dopo il Brasile è una formalità. I pulcini bagnati sono adesso aquile invincibili. La Polonia si sbriciola 2-0, la Germania viene demolita 3-1. Lugaro, alla vigilia della finale, commenta con il consueto distacco: «Siamo dinanzi a un regno della psiche collettiva ancora in gran parte da esplorare». Scrive psiche, forse sta pensando psicosi.

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