giovedì 26 gennaio 2017
Berlusconi aspetta Strasburgo e stoppa l'idea delle elezioni. Il muro di centristi e minoranza Pd: parola al Parlamento
Matteo Salvini (Lega) davanti alla Consulta (Ansa)

Matteo Salvini (Lega) davanti alla Consulta (Ansa)

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Scatta a pochi minuti dalla sentenza la gara dei partiti che vogliono andare al voto a giugno. Pd e M5S attendono il comunicato della Corte Costituzionale e la frase chiave, che apre di fatto la corsa alle urne. La legge che esce dalla Consulta è «suscettibile di immediata applicazione», recita la nota. Per i due partiti non serve altro. Piuttosto, Matteo Renzi ci tiene a spiegare che il verdetto non boccia il suo Italicum, ma lo rende omogeneo al Consultellum. Una visione totalmente opposta a quella dei pentastellati, che interpretano il giudizio come una bocciatura.

Il segretario del Pd, invece, è molto «soddisfatto» che a fare le spese del ricorso sia stato «solo il ballottaggio», confida ai suoi. Ora la linea deve essere chiara: il Pd «è per il Mattarellum, i partiti dicano subito se vogliono il confronto. Altrimenti la strada è il voto».

E questa linea la conferma apertamente il vicesegretario Lorenzo Guerini: la legge che esce dalla Consulta «è tendenzialmente omogenea e immediatamente applicabile» e «il Pd non ha paura delle elezioni, siamo per il Mattarellum e siamo disponibili a un confronto, ma senza perdere tempo». Di parere opposto è l’ex segretario, Pier Luigi Bersani, convinto che - a prescindere dalla sentenza - comunque ora «il Parlamento si deve esprimere» sulla legge elettorale.

Le risposte più immediate arrivano da 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia. «Legge elettorale "subito applicabile" – ripete il leader del Carroccio Matteo Salvini –. Lo dice la Consulta. Non ci sono più scuse: parola agli italiani».

A questo punto, incalza Grillo, il «Parlamento applichi il "Legalicum" anche al Senato, non ci sono più scuse». Il leader di M5S è certo di poter raggiungere il 40% senza doversi legare a nessuno. «La Corte costituzionale ha tolto il ballottaggio, ma ha lasciato il premio di maggioranza alla lista al 40%. Questo è il nostro obiettivo per poter governare. Ci presenteremo agli elettori come sempre senza fare alleanze con nessuno. L’alternativa sono gli stessi partiti che hanno distrutto l’Italia. Il Legalicum per ora è valido solo alla Camera, al Senato c’è ancora il vecchio Consultellum. La nostra proposta, fin dal giorno della vittoria del No al referendum, è sempre la stessa: applichiamo il Legalicum al Senato con i dovuti correttivi e andiamo a votare subito». Con «una legge di poche righe e i voti dei parlamentari» si possono omologare i due sistemi. Anzi, ricorda Grillo, «c’è una proposta di legge del Movimento 5 Stelle già depositata in Parlamento, chi non la voterà lo fa perché vuole intascarsi la pensione a settembre, dopo appena quattro anni e mezzo di lavoro quando un cittadino normale non sa neanche se arriverà mai a prenderla».

I grillini impazzano sul web e rilanciano il grido di battaglia del loro guru. Per tutti la sentenza decreta il «fallimento del governo Renzi», invitato da Di Battista e non solo a lasciare la scena insieme con il ministro Maria Elena Boschi.

A non voler attendere oltre è anche Giorgia Meloni. «Ora che abbiamo anche una legge elettorale non ci sono più scuse: sabato 28 gennaio tutti in piazza a Roma per chiedere elezioni subito», scrive su Twitter.

Ma per i centristi della maggioranza, possibili alleati di Renzi alle prossime elezioni, sarebbe meglio omogeneizzare con cura i sistemi di voto delle due Camere. Senza precipitarsi al voto. Lo dicono gli uomini di Angelino Alfano. Lo conferma Pier Ferdinando Casini.

E lo dicono anche dentro Forza Italia. «La decisione della Corte Costituzionale in merito all’Italicum cancella definitivamente il ballottaggio, bandiera di Renzi e del renzismo. Aveva ragione il presidente della Repubblica, Mattarella: la totale difformità tra il sistema elettorale della Camera e quello del Senato necessita un deciso intervento parlamentare per armonizzare i due sistemi di voto», recita un comunicato degli azzurri. Berlusconi non ha fretta. Ma la sentenza gli fa comunque gioco ed esulta: ora sta a Salvini decidere se vuole l’alleanza per raggiungere la soglia, introducendo il premio alla coalizione. Altrimenti, resta la strada delle larghe intese.

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