mercoledì 19 febbraio 2014
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​«Tutte sciocchezze, il nome c’è, è scritto là dentro, in quella busta gialla...». Scherza Matteo Renzi con i suoi interlocutori. Parla del nuovo ministro dell’Economia, la casella su cui sono fissi gli occhi del Colle e dell’Europa, e tira fuori quel ghigno fiorentino a metà tra l’insofferenza e lo sfottò. «Ci siamo, abbiamo una disponibilità».Parole sibilline, che aprono la (letterale) caccia al Tesoro. E gli indizi di giornata portano in una direzione: Franco Bernabé, ex ad di Eni e poi, sino a poche settimane fa, di Telecom. Negli ultimi "totoministri" è dato allo Sviluppo. Ma è più forte la tentazione di portarlo a Via Venti Settembre, anche per l’assenza di altre opzioni pesanti. E l’operazione avrebbe la benedizione del Quirinale.Certo si naviga a vista. L’opzione "politica", ovvero Graziano Delrio, resta di riserva. Così come non si rinuncia a sferrare gli ultimi attacchi su alcuni tecnici come Padoan, Riechlin e Tabellini. Ma Bernabè sviluppa un’onda lunga che attraversa i corridoi di Montecitorio, quasi Renzi volesse testare l’effetto che fa. Circola anche la voce di uno pacchettamento tra Economia e Finanze, un’operazione spesso annunciata (specie da Berlusconi ai tempi di Tremonti) e poi mai realizzata. È chiaro che risolto il nodo Tesoro l’organigramma può filare via con maggiore serenità. «Correre, correre, correre», dice Renzi ai partner di maggioranza. «Tutto marcia spedito», ripete ai fedelissimi mangiando un boccone al Nazareno dopo aver concluso la prima giornata di consultazioni.Un altro punto sembra essersi sciolto: il segretario Pd è riuscito ad evitare la presenza di uno o due vicepremier. Un risultato che però gli costa la "cessione" definitiva del Viminale all’attuale inquilino, il leader Ncd Angelino Alfano. Che riesce a blindare anche i dicasteri ora occupati da Maurizio Lupi (Trasporti e Infrastrutture) e Beatrice Lorenzin (Salute). Sparisce invece il ministero delle Riforme, sinora di Gaetano Quagliariello: la fedelissima renziana Maria Elena Boschi avrà la delega, ma da sottosegretario. Nessuna opposizione nemmeno alla richiesta di Ncd di piazzare un «garantista» alla Giustizia. Le consultazioni si sono svolte mentre in parallelo Renzi teneva caldissima la linea che lo collega al Quirinale. Il rebus-Economia ha tenuto per qualche ora in preallarme le cancellerie europee. Napolitano è il collettore delle preoccupazioni di Bruxelles, Berlino e Parigi, e ha riversato i timori degli alleati nella sala del Cavaliere, dove si svolgevano le consultazioni. Da qui la necessità di mandare un segnale chiaro. Primo, sul titolare del Tesoro non c’è nessun giallo. Secondo, il nuovo governo avrà un profilo pienamente europeista. «In vista del semestre europeo avremo i compiti fatti», fa filtrare lo staff renziano dopo il faccia a faccia con Alfano. Una frase che contiene, forse, un significato politico: non ci saranno strappi unilaterali nei conti pubblici, ma la lealtà verso i patti europei porterà l’Italia ad imporre un’agenda per la crescita molto più forte nel secondo semestre del 2014.«Chiudiamo entro il fine settimana, stiamo lavorando sul programma, vogliamo fare una cosa seria», dice Delrio dopo la prima giornata di incontri (lui e il portavoce del Pd Lorenzo Guerini non hanno mai mollato il premier incaricato durante i faccia a faccia con i partiti). Insomma, nonostante l’incontro multilaterale di oggi - mal digerito dal premier incaricato - non ci saranno tempi biblici, come accade quando in Germania si deve standere un Patto di coalizione. La curiosità di giornata è un faccia a faccia in mattinata tra Renzi e D’Alema. La visita dell’ex premier al segretario è stata caricata di molti significati: secondo gli osservatori, è una netta presa di distanza dalla variegata minoranza Cuperlo-Fassina-Orfini, ma anche un intervento diretto per difendere e blindare Massimo Bray, attuale ministro alla Cultura. Un dispetto forse a Dario Franceschini, che a questo punto (considerando l’opzione-Alfano per il Viminale) si vedrebbe negati i due dicasteri da lui più ambiti.
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