giovedì 8 agosto 2019
Presentato ricorso al Tribunale dei minori di Palermo. In attesa di istruzioni per il porto sicuro. Italia, Malta e Spagna non vogliono accogliere la nave. Malta nega i rifornimenti alla Ocean Viking
Foto di Open Arms / Francisco Gentico

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8 giorni, 192 ore di attesa, 28 Paesi dell'Unione Europea che ignorano l'odissea della nave Open Arms con a bordo 121 persone soccorse.

E l'appello ripetuto ancora oggi dalla capomissione a bordo della nave Open Arms, Anabel Montes Mier: "Siamo al settimo giorno su Open Arms, più passa il tempo più è difficile spiegare alle persone perché non si può sbarcare in un porto sicuro. Il nervosismo a bordo va aumentando. Chiediamo di nuovo con urgenza l’assegnazione di un porto sicuro secondo quanto previsto dalle Convenzioni internazionali e, in particolare, facciamo riferimento alla Carta dei diritti dell'uomo".

Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli in una lettera indirizzata al leader della Commissione Ue Jean Claude Juncker ha rivolto un appello per il caso della nave Open Arms chiedendo che sia "coordinato un intervento umanitario rapido", con "un'equa redistribuzione dei migranti". "La situazione è grave e merita un'azione tempestiva - scrive Sassoli - anche perché, come sa bene per formazione e sensibilità, i poveri non possono aspettare. Il Parlamento europeo, come tante volte, sosterrà il suo sforzo".

Mentre un'altra lettera è stata inviata al premier Giuseppe Conte e al ministro dell'Interno Matteo Salvini il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Luca Maria Negro, e il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, hanno espresso la disponibilità ad accogliere i profughi soccorsi dalla nave Open Arms lo scorso 2 agosto.


RICORSI AL TRIBUNALE DI PALERMO E IN PROCURA: GARANTIAMO I DIRITTI DEI 32 MINORI A BORDO

La Ong spagnola Open Arms ha presentato un ricorso al Tribunale per i minori e la Procura di Palermo affinché vengano garantiti i diritti dei 32 minori a bordo; in particolare vengano fatti sbarcare e vengano nominati dei tutori per quelli non accompagnati. Tra loro ci sono le più piccole, Musa e Isa, due sorelle gemelle di nove mesi, che viaggiano insieme alla mamma. C'è poi Hayada. Anche lei viaggia insieme alla madre, Safa, segnata non solo nel corpo, dalle violenze subite per 9 mesi nei centri di detenzione libici. Ha provato a proteggere sua figlia, per questo è stata più volte abusata e violentata, ha raccontato la donna ai soccorritori spagnoli. In tutto ci sono 121 persone salvate in mare che hanno diritto di scendere a terra, nel porto sicuro più vicino. "C’è un rimpallo tra Italia e Malta. I nostri avvocati stanno iniziando a mettere in atto anche azioni legali, di concerto con il Tribunale dei minori. Il porto di sbarco deve essere quello più vicino e sicuro - spiega Riccardo Gatti, direttore di Open Arms Italia -. I soccorsi sono stati effettuati in una zona dove il porto più sicuro e vicino era Lampedusa e perciò, seguendo le normative internazionali, abbiamo fatto richiesta di sbarco, senza ottenere risposta. A bordo per ora la situazione è stabile, ma non potremo aspettare troppo a lungo”.

CHI SONO I SALVATI DA OPEN ARMS

Nelle scorse ore l'Ong spagnola ha diffuso alcune delle storie delle persone salvate. Tra loro c'è Rabiya, madre di due bambini di nove mesi. "È fuggita dal Camerun per un conflitto legato alla terra nella sua regione che portò alla morte di suo marito - ha raccontato il soccorritore Francisco Gentico (sue le foto pubblicate, ndr) alla stampa spagnola - sarebbe stata la prossima a morire, e così ha deciso di scappare in Libia, dov'e' stata detenuta". C'è Hortensia, "gravemente ustionata - spiega Veronica Alfonsi, coordinatrice in Italia di Open Arms - perché in Libia il suo 'kapò' le ha gettato addosso della benzina prima che si imbarcasse. A contatto con l'acqua di mare, le ha bruciato la pelle".

In generale "possiamo dire che vengono quasi tutti da Paesi per i quali è possibile la richiesta d'asilo" spiega Alfonsi all’agenzia Dire: "Siamo convinti di essere nel giusto, ma anche dalla parte della legge e del diritto internazionale, che è sovranazionale".
Nel caso la situazione dovesse aggravarsi, l’Ong non esclude di entrare in un porto italiano, come aveva spiegato il fondatore di Open Arms Oscar Camps in un’intervista. Ma l’ipotesi non sembra contemplata nell'immediato.

SOS MEDITERRANEE: MALTA HA IMPEDITO LO SCALO TECNICO PER RIFORNIMENTI ALLA OCEAN VIKING
Malta non avrebbe permesso alla Ocean Viking, nave di salvataggio di Sos Mediterranée e Medici senza frontiere, di entrare nelle sue acque nazionale, e di fatto ha impedito il rifornimento. Ora la nave delle due Ong, alla sua prima missione, è diretta verso la cosiddetta Sar libica. È quanto è stato riportato dall'agenzia Agence France Presse. Il coordinatore dei soccorsi, Scott Nicholas Romaniuk, ha stimato che il carburante a bordo dell'Ocean Viking permetterà di condurre operazioni di salvataggio per 10 o 12 giorni.
Le autorità maltesi si sarebbero rifiutate di rifornire di carburante la Ocean Viking, la nuova nave di salvataggio di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere, nonostante fossero stati presi precisi accordi in questo senso. A denunciarlo un portavoce di Sos Mediterranee all'agenzia tedesca Dpa. L'intesa era stata confermata da un intermediario ma poi le autorità marittime maltesi avrebbero informato via radio che non vi era alcuna autorizzazione.
Si tratterebbe della prima volta che Malta non permette l'accesso per uno scalo tecnico a una barca umanitaria.

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