martedì 17 maggio 2016
Zanetti «Servono misure strutturali, non spot  La vera svolta è l'intervento sull'Irpef»
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Salvare il fine - ovvero aiutare le famiglie e la natalità - ma cercando una misura «strutturale », uscendo da quella «logica dei bonus che non porta da nessuna parte». Il viceministro all’Economia Enrico Zanetti vede luci e ombre nella proposta della collega di governo Beatrice Lorenzin, ma soprattutto ne fa una questione di quadro generale, di sostenibilità di tutte le misure che si candidano ad entrare nella prossima legge di stabilità: «È complicato tradurre l’intervento sulla famiglia in pratica se non si ha il coraggio di dire che, contestualmente, si dovrebbero rimandare altri tipi di provvedimenti che pure sono stati annunciati da esponenti del governo. Non è possibile fare tutto, e già attuare pochissime delle cose di cui si parla implica il superamento dei vincoli europei», ammette il segretario di Scelta civica. Insomma, lei è scettico. Partiamo da una premessa: la politica è scelta. Io e il mio gruppo, da questo punto di vista, abbiamo le idee chiare: meglio concentrare gli interventi di riduzione fiscale sul lavoro che sulle pensioni, me- glio mettere le risorse disponibili sulla natalità, sul ceto medio e sulle famiglie con figli che sulla flessibilità in uscita. Questa è la nostra opzione di fondo. Poi, però, in legge di stabilità ci sono dei vincoli e dunque alcune cose possono entrare e altre no. Metterci dentro tutto vuol dire far scattare gli aumenti Iva oppure, in alternativa, mettere pochi spiccioli di qua e pochi spiccioli di là, senza alcun impatto concreto sulla crescita. Entrambe le ipotesi sono da scongiurare. Stando ai propositi, in manovra dovrebbero esserci Ires, Irpef, pensioni, famiglia. Come se ne esce? La famiglia sarà sacrificata come al solito sull’altare di altre urgenze? Il tema è serio. E io dico alla collega Lorenzin che puntare sui bonus non è la strada migliore. Con i bonus si superano le scadenze elettorali, non i problemi. Anche i famosi 80 euro vanno trasformati in una detrazione strutturale da lavoro. La strada maestra è lavorare sull’Irpef, da lì si può riequilibrare tutto il sistema fiscale. La vostra proposta? Cancellare l’aliquota del 38 per cento per i redditi sopra i 28mila euro, creare l’aliquota unica del ceto medio: 27 per cento dai 15 ai 55mila euro. Costa 9 miliardi. Così si ossigena il rapporto tra italiani e fisco e si creano le premesse per politiche familiari serie. Seguendo il suo discorso, nemmeno la riduzione Irpef può entrare nella manovra 2017. La prossima legge di stabilità avrà due perni: la riduzione Ires, che costa circa 3 miliardi e impatta davvero su imprese e lavoro, e l’annullamento delle clausola di salvaguardia. Se bisogna sostituire l’intervento sull’Ires con una riduzione di un punto delle aliquote Irpef del 27 e del 38 per cento, beh, non saremmo d’accordo perché significherebbe buttare via i soldi senza cambiare la vita delle persone e delle famiglie. Non è nemmeno pensabile una riduzione in due tempi dell’aliquota Irpef del 38 per cento? Si, una volta fatto il quadro generale, si può anche fare. Ora però sono parole al vento: da qui a settembre avremo un fiorire di proposte, ma poi la legge di stabilità sarà il filtro tra sogni e realtà. Non sembra esserci dunque una grande visione comune, sul fisco, tra i soggetti centristi della maggioranza... Infatti io rivolgo un appello ad Alfano, a Verdini. Facciamo un tavolo sul fisco. Serve per l’ultimo scorcio della legislatura ed, eventualmente, come base programmatica per le politiche 2018.
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