venerdì 20 dicembre 2013

​Nella cittadina in provincia di Brescia esasperazione per i continui furti

L'ANALISI La sindrome dell'abbandono può generare mostri (Lucia Bellaspiga)

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"N​on inseguite voi i ladri! Non fatelo o prima o poi ci scappa il morto". È passato solo un anno da quando nel teatro parrocchiale di Serle (Brescia), affollatissimo per l’occasione, il capitano dei carabinieri D’Amato era venuto apposta da Brescia ad ascoltare quella popolazione atterrita dai continui furti sempre più arditi, ma anche a consigliarla: "Basta ronde, affidatevi alla giustizia". Una triste profezia che sabato scorso è diventata realtà."Mirco, Serle è con te!": all’ingresso del piccolo comune, la scritta su un lenzuolo appeso alla prima casa fa subito capire come la gente di qui la pensa. In paese la notizia che Mirco Franzoni è già stato scarcerato per "mancanza di gravi indizi di colpevolezza" si sta ancora diffondendo e già la popolazione è compatta nel sollievo: "Giustizia è fatta", dice chi apprende la novità, e non si riferisce all’omicidio del povero Eduard Ndoj, 26 anni, il ladro albanese sorpreso a rubare da Franzoni in casa di suo fratello la sera di sabato e da lui ucciso in circostanze da chiarire, ma appunto alla scarcerazione di Mirco, 29 anni, di professione meccanico. Uno che "non ha mai fatto parte di quelle ronde – sottolinea il sindaco Gianluigi Zanola, primo cittadino da 10 anni per una lista civica vicina al centrosinistra –. Per sua sfortuna aveva quella passione per la caccia che gli ha consentito di possedere un fucile, come centinaia di serlesi…".Eppure quando ha scoperto i due ladri e li ha messi in fuga, non ha esitato a imbracciare quel fucile e a cercare i fuggitivi per quasi due ore. Non con l’intenzione di uccidere, ripetono tutti, ma "per spaventarli e farsi restituire i gioielli rubati". Eppure il finale parla di un ragazzo ucciso e di un altro che per tutta la vita si porterà quel morto sulla coscienza. "Se si è arrivati alla tragedia errori ce ne sono stati – ammette il sindaco – e sono certo che Mirco pagherebbe per poter tornare indietro e riscrivere un finale diverso, ma questo non è un paese di giustizieri, tutt’al più la percezione sociale del pericolo qui è più forte perché siamo in pochi e il furto del vicino è vissuto come il furto in casa propria. La colpa di Mirco è di non aver mantenuto la lucidità necessaria in una situazione emotivamente concitata… qualcosa di sbagliato c’è".C’è nel non aver pensato ad affidarsi alle forze dell’ordine, ma anche nel clima di nero pessimismo che da tre anni convive con Serle e i suoi 3.000 abitanti. "Dal 2011 qui siamo accerchiati, hanno rubato persino alla Protezione civile e al magazzino comunale", racconta Adiodato Tonni, 70 anni, con ladri che ormai «agiscono di giorno, a volto scoperto e mentre noi siamo in casa. Sabato ho visto sfrecciare il Fiorino di mio fratello e ho pensato che fosse matto a correre così… Solo poi ho saputo che era guidato da un ladro. Del Fiorino non sappiamo più nulla». Probabilmente a bordo c’era il complice di Eduard. "Mio marito, morto 2 anni fa, era maresciallo dei carabinieri – racconta Ester Ronchi –. I ladri me li sono trovata in casa la prima volta quando c’era ancora lui, che li ha immobilizzati e poi ha chiamato i suoi colleghi, e di nuovo un anno fa"."Domenica a tutte le Messe ho invitato i fedeli a pregare per l’ucciso, per Mirco e per la sua famiglia che è distrutta – dice don Italo Gorni, da 16 anni parroco del paese –. Ho chiesto anche il silenzio, perché l’immediatezza dei fatti fa dire cose anche sbagliate. Su Facebook sono stati scritti messaggi di approvazione per un atto che certo Mirco non voleva fare, ma io ho raccolto anche tante testimonianze di segno opposto". Tra le altre, quella di un cacciatore che dopo aver subìto un furto in casa ha dormito per mesi col fucile carico: "Ora, dopo la tragedia, ha capito quanto ha rischiato di fare cose sbagliate". Mentre lunedì il paese sfilava silenzioso per Mirco, don Italo organizzava una veglia di preghiera in chiesa "cui hanno partecipato anche molti poi andati alla fiaccolata". È un prete vicino alla sua gente, ne conosce le paure e il bisogno di sicurezza: "Appena saranno sbolliti gli animi ragioneremo su tutto questo, forse con una lettera aperta, forse di nuovo nel teatro parrocchiale". Lo stesso in cui un anno fa il capitano D’Amato aveva avvertito, "mai inseguire un ladro, potrebbe scapparci il morto".
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