giovedì 28 giugno 2012
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Noon è vero che il reinserimento sociale dei detenuti è una spesa insostenibile per lo Stato. Alla collettività costa immensamente di più un ex carcerato che torna a delinquere, rispetto a uno che trova lavoro e non sgarra più. Le cooperative sociali impegnate nel pianeta carceri lo sanno bene: tra chi sconta la pena senza misure alternative, 7 su 10 tornano a delinquere, tra chi impara un lavoro, solo 1 su 100. Ma per la riforma della legge Smuraglia sul lavoro in carcere i soldi non escono, mentre per 14 braccialetti elettronici in 10 anni si sono spesi 110 milioni.Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà-Confcooperative, al convegno su «Carcere, dalla condanna al riscatto», elenca i vantaggi della pena riabilitativa, come Costituzione chiede: «Diminuisce la recidiva, cala la popolazione carceraria senza provvedimenti eccezionali, si trasforma il detenuto in risorsa produttiva, aumenta la contribuzione fiscale». Ma è un’idea che ancora fatica a farsi largo. Alla tavola rotonda il deputato pdl Gabriele Toccafondi concorda: «Un detenuto costa 190 euro al giorno, cioè 70 mila l’anno. Chi sconta la pena in carcere ha una recidiva del 68,4%, chi ha avuto le pene alternative il 19%, chi ha seguito un intervento lavorativo l’1%». Dunque, «al ministero dell’Economia bisogna spiegare che insegnare un mestiere al detenuto vuol dire abbattere la recidiva». Con tutti i risparmi che comporta. «Noi siamo pronti ad approvare la riforma della legge Smuraglia – dice – è il governo che deve decidere se la rieducazione è solo un costo o, come noi crediamo, un investimento che genera risparmi significativi».Va insegnato un lavoro, ma spendibile "fuori". Nicola Boscoletto della cooperativa Giotto dice che «è un dato "drogato"» quello dei 14 mila detenuti che per il Dap svolgono «lavori domestici», cioè cucina, lavanderia, pulizia: «Lavorano 15 giorni ogni 45 per 3 ore al giorno, con stipendi tra i 30 e i 70 euro al mese». Diverso il lavoro delle coop. «Le nostre 130 cooperative fanno lavorare 600 detenuti dentro e altri 1.400 quando escono», spiega Guerini. Per esempio i 35 fornai e pasticceri alle Vallette di Torino che con Liberamensa fa catering all’esterno.Per la riforma i soldi non si trovano. «Però per 14 braccialetti elettronici – insiste Boscoletto – lo Stato ha speso 110 milioni di euro. Col costo di uno, 785mila annui per 10 anni, cioè quasi 8 milioni, altro che la Smuraglia».Confcooperative-Federsolidarietà, spiega dunque il presidente Guerini, «ha scelto da 30 anni di operare nelle carceri creando lavoratori e posti di lavoro che li accolgano quando escono. Non abbiamo aderito al progetto Anrel, che punta invece sulla formazione e sulla creazione di una grande banca dati».
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