lunedì 14 luglio 2014
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L’effetto della sentenza della Consulta sulle cosiddette droghe leggere e l’entrata in vigore del decreto con cui, nei fatti, si impediscono le indagini per tutti quei reati per i quali si prevede una pena inferiore ai tre anni «è devastante per le ricadute sulla sicurezza e sul rapporto tra Stato e cittadini». Paolo Borgna, procuratore aggiunto di Torino, fornisce un quadro a tinte molto scure. Nel capoluogo piemontese da anni si combatte contro la criminalità che ha trasformato alcuni quartieri, come quello di San Salvario e la zona dell’ex mercato di Porta Palazzo, in un bazar della droga. Una guerra sul campo che tutto sommato ha ottenuto risultati ragguardevoli. Adesso tutto rischia di tornare peggio che in passato.La situazione sembra precipitata dopo la sentenza con cui la Consulta annulla l’equiparazione delle droghe cosiddette leggere a quelle pesanti. Quali sono le ripercussioni?Il problema non è solo il vuoto creato da quella decisione, che il Parlamento dovrebbe affrettarsi a colmare. L’altra riforma, di cui poco si parla e che gli attenti colleghi calabresi hanno evidenziato, ha effetti negativi sulle indagini. Stabilire che non si deve procedere con la custodia cautelare per i reati punibili con pene inferiori ai tre anni vuol dire essere digiuni di prassi investigativa.Perché?A Torino oramai da tempo seguivamo la prassi delle "osservazioni mirate". Poiché un piccolo spacciatore arrestato veniva scarcerato subito dopo, abbiamo deciso di seguirli per giorni, filmandoli e intercettandoli. Così, quantomeno, si poteva processarli per un reato commesso in maniera stabile e continuativa. Con le modifiche, siamo adesso costretti a lasciar perdere.Però occorreva porre un freno alla custodia cautelare.Vero, ma non in questo modo. Ci sono reati cosiddetti minori ma che hanno un impatto pesante sulla vita delle persone. Abbiamo avuto il caso di una persona arrestata otto volte da minorenne e tre volte da maggiorenne. Ma gli ultimi 3 arresti per spaccio si sono risolti nel giro di un mese in altrettante scarcerazioni. Cosa penseranno quei cittadini che lo rivedranno in strada a continuare a spacciare nonostante gli arresti?Le intercettazioni telefoniche possono aiutarvi?Secondo la riforma recente, no. Perché non è che uno spacciatore si mette a a parlare al telefono con chiarezza del tipo di droga e della quantità da smerciare. E allora se sospettiamo che un piccolo pusher possa essere il bandolo per portarci ai boss non possiamo far nulla, perché lo spacciatore di strada, specie se cede le cosiddette "droghe leggere", quasi mai è punibile con pene superiori ai tre anni e perciò non possiamo perseguirlo.Una manna per i narcotrafficanti.Capisco la logica del legislatore e la necessità di svuotare le carceri. E obiettivamente in alcuni casi il cittadino ha l’impressione che ci sia stato abuso della custodia cautelare. Ma quello commesso dal legislatore è un fallo di reazione. Dire che non si può arrestare nessuno per pene sotto i tre anni, significa che persone che hanno cinque o sei precedenti, magari arrestati per rapina in flagrante per strada, a questi il giudice non può comminare una pena superiore ai tre anni, ma non è giusto a mio avviso che sia passato l’automatismo per cui non debbano scontare neanche un giorno di condanna.A Torino cosa sta accadendo?Che molti plurirecidivi vengono scarcerati. E a questo probabilmente il legislatore non aveva pensato.Se potesse quale soluzione suggerirebbe?Il ministro Orlando si è reso conto di questa reazione a catena, perciò ha annunciato che in sede di conversione del decreto questi errori verranno riparati.
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