lunedì 21 marzo 2016
​La sentenza della Cassazione: giusto assolvere un gruppo di ragazzi che avevano fatto diventare virali gli autoscatti di una minorenne. «Scattati da sé, non è sfruttamento sessuale»
Diffondere selfie osé? Non è reato
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​Non è reato diffondere fotografie osé di una ragazzina minorenne se a scattare è stata lei stessa. Lo scrive la Cassazione in una sentenza che ha dei risvolti sorprendenti: come è possibile, ad esempio, accertare senza ombra di dubbio se si tratta di un selfie o di una foto estorta? E poi, come si può sapere se quel selfie è stato in qualche modo estorto, anche ocn l'inganno?

 

In ogni caso, questo è il parere della Cassazione: se una minorenne si fa dei selfie pornografici e poi li invia ai suoi amici e questi a loro volta li diffondono ad altri ragazzi, questa ultima circostanza non è prevista dalla legge come reato perché le norme - contro lo sfruttamento sessuale degli adolescenti - puniscono la cessione di materiale pedopornografico "ma a condizione che lo stesso sia stato realizzato da soggetto diverso dal minore raffigurato" dal momento che la legge distingue "l'utilizzatore" del materiale "dal minore utilizzato". La Cassazione mette in guardia le ragazzine dal rischio che autoscatti di questo tipo diventino 'virali' nella cerchia delle loro amicizie senza che ci siano sanzioni a fare da deterrente.  I supremi giudici hanno respinto il ricorso del pm del Tribunale dell'Aquila contro il non luogo a procedere emesso dal Tribunale dei minori del capoluogo abruzzese nei confronti di dieci ragazzi (sei femmine e quattro maschi) che avevano girato ad altri (e, da questi, ad altri ancora) i selfie osè ricevuti dalla loro amica. In Cassazione, la Procura dell'Aquila aveva ragionevolmente sostenuto - chiedendo l'annullamento del proscioglimento dei dieci minorenni - che deve essere punita la diffusione del "materiale raffigurante un minore tout court, indipendentemente da chi e come l'abbia prodotto (quindi, anche nel caso in cui sia stato realizzato autonomamente dal minore medesimo)". Ad avviso degli 'ermellini', invece, le norme contro lo sfruttamento sessuale dei minori, che hanno ricevuto gli ultimi aggiustamenti nel 2006 "per non lasciare zone grigie", non puniscono la diffusione di "materiale pornografico minorile ex sé, quale ne sia la fonte, anche autonoma, ma soltanto materiale alla cui origine vi sia stato l'utilizzo di un infradiciottenne, necessariamente da parte di un terzo, con il pericolo concreto di diffusione del prodotto medesimo". 

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