mercoledì 18 settembre 2013
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A terra due persone morte, una uccisa a coltellate, l’altra investita da un’auto scagliata contro di loro a tutta velocità. Intorno, vari feriti e gente in fuga. Di fronte a questo scenario, il primo e unico istinto di un Carabiniere, giunto sul luogo per fare i rilievi della sciagura, è rubare a una donna ferita la sua borsetta, appropriarsi del bancomat e correre a giocare in due sale slot. È l’ennesimo raccapricciante risvolto, emerso in queste ore, della già immane tragedia di Chiuduno (Bergamo), nella quale domenica 8 settembre ha perso la vita la dottoressa Eleonora Cantalamessa. Un martirio che ha commosso l’Italia, quello della giovane ginecologa, che non ha esitato a fermare l’auto su cui viaggiava e prestare soccorso a uno sconosciuto riverso sull’asfalto, l’indiano Baldev Kumar, accoltellato durante una rissa tra una dozzina di connazionali. Avrebbe potuto non vedere, la velocità o il buio sarebbero stati un alibi perfetto per tirare dritto di fronte a quel corpo sdraiato... Per chiunque, ma non per la dottoressa, da sempre appassionata nel vivere la medicina come un chinarsi verso il fratello più debole: Eleonora assisteva gratuitamente nel proprio studio le donne immigrate, sentiva come obbligo morale quello di restare medico anche dopo l’orario di lavoro, indossava il camice bianco come una pelle che non si sveste mai (lo stesso camice che il fratello le ha posto sulla bara nel giorno delle esequie). Non è morta per una fatalità, ma in conseguenza di un sì ripetuto quotidianamente fin dal giorno in cui giurò sulle parole di Ippocrate. Il suo gesto è stato quello del buon Samaritano, ha ricordato Papa Francesco. Anche D.T., 35 anni, aveva prestato giuramento all’Arma e aveva scelto di difendere il prossimo, di indossare una divisa che non si sveste mai, di stare sempre dalla parte giusta, ad ogni costo e a rischio della vita. Di seguire, per vocazione, l’esempio del Samaritano. Per questo è proprio il suo essere Carabiniere a rendere più incredibile e ingiustificabile la sua condotta: come ha potuto anche solo pensare di approfittare della tragedia, del dolore e della morte? Come ha potuto rubare, e a una donna ferita? (una barista rumena che si era fermata a prestare soccorso)... Un comportamento troppo irrazionale e anche stupido, tale da abitare solo in una mente annebbiata, come quella di un drogato, di un uomo in preda a un delirio compulsivo, a una forza oscura che gli ha rubato l’anima e l’intelligenza trascinandolo in un gorgo irresistibile. E infatti D.T. drogato era: drogato di azzardo. Che il "gioco" induca dipendenza e sia ormai una piaga sociale non occorre dimostrarlo, parla la cronaca nera, parlano i suicidi, le madri e i padri di famiglia che perdono ragione e dignità fino a svuotare il conto in banca dei loro stessi figli, gli anziani indotti a sperperare anche la misera pensione. Parla perfino lo Stato biscazziere, perseverante nello spaccio ma ipocrita nell’avvertire sui rischi del gioco, così come fa sui pacchetti di sigarette. Non occorre dimostrazione, dicevamo, ma il disonore del Carabiniere D.T. grida troppo alto perché l’ennesima vittima – lui stesso – rimanga inascoltata. A scoprire il collega che sottrae la borsa dal luogo della tragedia sono stati i Carabinieri stessi, increduli e addolorati nel riconoscere il suo volto dalle immagini registrate nelle due sale slot di Dalmine, delle quali il militare era assiduo frequentatore. Se la tentazione è stata irrefrenabile, se non ha saputo resistere all’onta del crimine, non è stato per fame, non per bisogno, non per curare un figlio malato, ma per prelevare due cifre esigue – 100 e 200 euro – da cambiare in monete e giocare alle slot machine. L’esiguità stessa del furto, così sproporzionata rispetto all’enormità del gesto, così futile rispetto al disonore, non ne attenua la colpa, anzi, la rende più nera in contrasto con l’eroismo civile della dottoressa, la generosità della donna rumena, il senso del dovere dei colleghi dell’Arma inflessibili nel fare giustizia. Il militare è denunciato e sospeso, ma il mandante, cioè lo Stato biscazziere, non lo ha ancora arrestato nessuno. Così in questa Italia allo sbando ognuno si salva come può: a Virgilio, paese del Mantovano, il Comune ha deciso, negherà ogni aiuto economico ai fruitori di slot che si presentassero agli sportelli assistenziali. Qualcuno dovrà pure arginare la piaga.
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