martedì 25 aprile 2017
Con l'azzardo del No al referendum, sembra che i dipendenti di Alitalia puntino a scaricare il problema sul governo
Una hostess Alitalia: il No all'accordo per il salvataggio ha prevalso tra il personale di volo (Ansa)

Una hostess Alitalia: il No all'accordo per il salvataggio ha prevalso tra il personale di volo (Ansa)

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Ci vuole coraggio per rifiutare un accordo sindacale che ha come alternativa il commissariamento e la probabile liquidazione dell’azienda per cui si lavora. Anche perché oggettivamente l’intesa concordata da Alitalia e sindacati non è proprio terribile: certo, ci sono i 1.700 esuberi, ma per il resto, dal taglio degli stipendi non enorme (8% all’anno) al tetto agli aumenti per gli scatti di carriera, le condizioni del pre-accordo sembrano sopportabili, almeno viste dall’esterno. Così come sembra chiaro che per l’azienda, incapace di fare un solo euro di utile da quasi vent’anni, non ci sono alternative positive: il governo non vuole avventurarsi in un altro salvataggio, le banche azioniste non hanno intenzione di perdere altri soldi, anche gli arabi di Etihad hanno esaurito la pazienza.

Il piano di rilancio vincolato al 'sì' dei sindacati, inutile nasconderselo, è un progetto di mera 'sopravvivenza': taglio dei costi per contenere le perdite, aumento dei ricavi affidato a (pochi) nuovi voli a lungo raggio, immissione di (poca) nuova liquidità per garantire un altro paio d’anni di attività. In attesa, presumibilmente, che arrivi un socio industriale forte (magari Lufthansa) capace di coinvolgere anche l’azienda italiana nella crescita mondiale del trasporto aereo. Niente di entusiasmante, ma è almeno un futuro possibile.

Questo è il punto: davvero non si capisce che cosa sperino di ottenere i dipendenti di Alitalia in un contesto in cui non c’è nessuno disposto a svenarsi per fare proseguire il volo della ex compagnia di bandiera. Sembra che con l’azzardo di un 'no' puntino a scaricare il problema sul governo, che nel caso di amministrazione straordinaria – secondo le cifre fatte dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda – spenderebbe un miliardo di euro per gestire quello che resta di Alitalia, tra ammortizzatori sociali e altre spese. Soldi che si aggiungerebbero ai 7,3 miliardi di costo di gestione di Alitalia tra il 1974 e il 2007, secondo quanto stimato da Mediobanca. Se così fosse, che almeno stavolta quei soldi servano a liquidare definitivamente quell’ex orgoglio nazionale diventato un incredibile buco senza fondo.

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