mercoledì 19 luglio 2017
La Campania era stata capofila nel 2016 del piano nazionale "Scuole al centro". Ora in campo i 500 progetti della Regione
Scuole aperte anche in estate: Napoli perde i presidi di legalità
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“La Scuola al Centro” è rimandata a settembre. Niente replica a Napoli dell’esperienza dell’anno scorso. Niente porte aperte e nessun ragazzo coinvolto nelle attività che dovrebbero invogliare a restare in aula oltre gli orari scolastici. Problemi burocratici, cambio di governo, terremoto del Centro Italia hanno rallentato le procedure da parte del ministero dell’Istruzione. Il risultato? In Campania – Napoli lo scorso anno è stata capofila dell’esperimento degli istituti aperti durante la stagione estiva insieme a Milano, Roma e Palermo – i progetti finanziati sono 860, con risorse pari a 35 milioni di euro, con la città metropolitana di Napoli in testa, anche a livello nazionale, con 451 per uno stanziamento di 18 milioni e 624mila euro. Quindi niente scuola come presidio di legalità, di educazione civica, di coinvolgimento di famiglie e docenti.

Niente moduli didattici, sportivi e culturali in estate. Niente scuola come scudo alle tentazioni della strada e reale opportunità di contrasto alla dispersione scolastica. Apriranno se non altro i progetti regionali come “Scuola viva”. In Campania la dispersione scolastica riguarda il 20% dei ragazzi mentre la spesa pro capite per servizi sociali destinata a famiglie con minori è di soli 42 euro. L’ultimo “Atlante” di Save the Children riferisce che solo un bambino su 10 della scuola primaria qui ha il tempo pieno e la dispersione riguarda un ragazzo su cinque.

Ma è tra le medie e le superiori che il distacco definitivo dalla scuola si consuma, stando ai dati sulle assenze raccolti istituto per istituto in possesso dell’Ufficio Scolastico Regionale. A sostituire “La Scuola al Centro 2” c’è al momento il progetto della Regione Campania, “Scuola Viva”, che coinvolge 500 scuole campane fino all’anno scolastico 2019-2020. Il bando del Miur per le “Scuole Aperte” interverrebbe già su un territorio già fortemente penalizzato, sia per la scuola che per i servizi sociali, in un’area con la disoccupazione al 22% finanziando – fino a 50mila euro per progetto – iniziative e laboratori che arruolano personale qua-lificato, dunque creando indotto. Ma resta la voragine del tempo pieno scolastico, che nel Mezzogiorno è ai minimi.

«Nelle scuole del Nord sino ad oggi si concentra il quintuplo del tempo pieno e prolungato in più che al Sud» è il commento di un docente del direttivo provinciale Flc Cgil, Ciro Esposito. Al Miur risulta che in Italia su 917.058 bimbi che usufruiscono del tempo pieno il 58,5% è in scuole del Nord, il 26% in quelle del Centro e solo il 15,5% al Sud. Napoli, invece, l’11,7%. Appare evidente, continua Esposito, che «alle soluzioni strutturali si preferiscono progetti dal fiato corto, che potrebbero essere più efficaci, invece, se integrano il tempo pieno e prolungato ». Altro problema è la fatiscenza dell’edilizia scolastica campana. Esempio significativo è la situazione delle scuole superiori della provincia di Caserta. La riapertura per il nuovo anno scolastico a settembre è in forse per la mancanza delle certificazioni di agibilità dovute ai problemi finanziari della Provincia, ente in dissesto che da mesi non effettua più alcuna manutenzione degli istituti.

«Il ministro Fedeli – spiega uno dei delegati, Umberto Marzullo – si è presa l’impegno ad aprire le scuole a settembre nonostante la mancanza per 92 istituti su 93 delle certificazioni di sicurezza. Si tratta di questioni non solo documentali: molti istituti hanno infatti seri problemi strutturali, ne è un esempio l’istituto tecnico Buonarroti di Caserta che è sotto sequestro della magistratura da maggio scorso proprio per deficit di staticità. Noi abbiamo detto a chiare lettere che pretendiamo che i nostri ragazzi vadano in scuole sicure e non vengano più trattati come studenti di serie B».

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