sabato 18 novembre 2017
In un liceo del Varesotto 70 ragazzi del terzo e quarto anno alle prese col lavoro nel fast food. «Il valore aggiunto? Relazionarsi con le persone»
Scuola-lavoro, studenti contro. «Così per noi ha funzionato»
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«A i ragazzi che manifestano contro l’alternanza scuolalavoro e il presunto sfruttutamento che subiscono dico che hanno sbagliato bersaglio, finalmente in Italia qualcosa si muove: è un’occasione da non perdere ». Walter Cortellari, docente di disegno e storia dell’arte al liceo Marie Curie di Tradate, in provincia di Varese, l’anno scorso è stato il coordinatore di un progetto che ha portato settanta ragazzi del terzo e quarto anno a lavorare per una decina di giorni in quattro ristoranti Mc Donald’s della provincia di Varese. La multinazionale del fast food (dal 2016 partner del Miur con circa 10mila studenti in alternanza) è da sempre uno degli obiettivi dei cortei studenteschi. Ma con la «Buona scuola» è diventato il simbolo della denuncia contro l’alternanza, considerata poco formativa o addirittura un modo per le aziende di avere manodopera a costo zero.

Professor Cortellari lei ha mandato settanta dei suoi studenti da Mc Donald’s, ci spiega com’è nato questo progetto?

La premessa è che io non sono mai stato a mangiare in un fast food della catena, non avevo proprio idea di come fosse organizzato. Questo per dire che sono partito senza pregiudizi, nel bene e nel male. Il progetto ha riguardato gli studenti del liceo scientifico e linguistico e tutti, con l’eccezione di qualcuno che si è espresso in maniera critica più sull’azienda in sé che sull’esperienza, sono stati entusiasti.

Ma cosa facevano i ragazzi, lavoravano in cucina?

No assolutamente, per motivi di sicurezza non potevano stare in cucina. Il loro 'lavoro', che poi consisteva in un paio d’ore al giorno per dieci giorni, era assistere i clienti, accoglierli all’ingresso e aiutarli a fare le ordinazioni con i totem elettronici, accompagnarli ai tavoli, ritirare i vassoi. Parlare in lingua con gli stranieri e in alcuni casi intrattenere i bambini nelle aree gioco. Insomma relazionarsi con chi si recava lì per mangiare, compresi i tanti anziani.

C’è molto scetticismo sull’utilità formativa di simili esperienze, considerate scollegate al percorso di studi.

Io credo che un ragazzo che ambisce a diventare architetto o avvocato può fare tesoro invece di un’esperienza del genere: entrare in contatto con la clientela, relazionarsi con i superiori, vedere come è organizzata un’azienda. Insomma fare un’esperienza reale che è più formativa delle ore di alternanza che purtroppo sempre più spesso si fanno in università.

Replicherete la collaborazione con Mc Donald’s?

Per quest’anno probabilmente no perché abbiamo altri progetti e loro hanno molte richieste, ma non lo escludiamo in futuro. Da parte dell’azienda c’è stata grande disponibilità con lezioni preparatorie a scuola e un monitoraggio continuo, hanno proposto di ampliare le attività ad esempio sul fronte della logistica e degli uffici.

E i ragazzi, cosa hanno raccontato nelle relazioni finali?

Il riscontro è stato positivo soprattutto a livello di crescita personale, di superamento delle proprie insicurezze, di relazione con l’altro. Un mettersi alla prova fuori dai banchi di scuola, senza la rete di protezione degli insegnanti e dei compagni.

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