mercoledì 3 giugno 2015
Ecco la strategia del premier da oggi a lunedì. «In 5 giorni la verità»
Mobilità docenti, presidi, diritto allo studio, tempi: ecco i nodi
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«Quello sulla scuola non è un voto di coscienza, si tratta di un provvedimento centrale nell’azione di governo e dunque varranno tutte le regole disciplinari del gruppo parlamentare al Senato e del partito». Mentre il Paese ancora si arrovella sull’analisi delle regionali, Matteo Renzi mette la testa sul dossier-scuola che deciderà il futuro del governo e della legislatura. Il messaggio è chiaro: «Se la riforma non passa c’è solo il voto anticipato».  I margini sono strettissimi e il premier gioca due partite: una all’attacco sui comportamenti in Aula della minoranza dem, l’altra in difensiva per ridurre a 3-4 il numero dei dissidenti e offrire alla minoranza dialogante una serie di aperture che non intaccano la sostanza della riforma. I contatti tra Palazzo Chigi e chi tiene in mano il dossier stanno diventando intensissimi. I protagonisti di questa storia sono Renzi, il ministro Giannini, il sottosegretario Faraone, la responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi, il presidente della commissione Cultura di Palazzo Madama, il renzianissimo Andrea Marcucci. Lungo quest’asse stanno nascendo gli emendamenti che potrebbero riportare nell’alveo del gruppo democrat molti che danzano sul filo della crisi.  Le proposte di modifiche allo studio più importanti sono tre. La prima spiazza sul serio, prevede il rinvio al 2017-2018 del punto più caldo della riforma: l’elaborazione dei piani triennali degli organici in base ai quali i presidi potranno procedere alla chiamata diretta dei neoassunti dagli albi territoriali in cui finiscono i vincitori di concorso. Rinvio però è una parola che fa imbestialire chi sta curando il dossier. Si tratta di un periodo più lungo per mandare a regime un sistema complesso, rivoluzionario. Nessun cedimento sui contenuti, sulla sostanza del 'preside- manager', la concessione al dialogo è su tempi più sereni per mettere a punto il meccanismo e correggerne e verificarne in corsa eventuali distorsioni e contraddizioni.  L’ultima parola sarà di Renzi, e sarà una valutazione politica sulla base del clima che da oggi si respirerà nei corridoi del Senato e in commissione Cultura, dove inizia la discussione generale. La seconda modifica allo studio va insieme alla prima, e prevede la definizione precisa del sistema di controllo che dovrà verificare l’operato dei presidi e 'certificare' parte del loro stipendio. Un altro intervento per rendere meno arbitrario l’uso del 'potere' della chiamata nominale. Il terzo punto invece strizza l’occhio alle associazioni studentesche: una Carta dello studente, sulla falsariga della Carta dei docenti, che consentirebbe di accedere a servizi di welfare. La misure dovrebbe essere finanziata con la legge di stabilità. 

 

Le ore sono decisive. Il clima politico rende tutto più difficile. Il risultato delle regionali rende meno semplice anche sperare nell’appoggio straordinario di pezzi di Forza Italia o ex M5S. I movimenti in uscita dai partiti sono congelati. In ogni caso una 'dissidenza' di 10-12 senatori, con Ncd in fibrillazione, non è sostenibile. Renzi deve mettere sul tavolo qualcosa ma senza rinunciare a mettere in chiaro alcuni aspetti sui comportamenti interni al Pd. La road map prevede un chiaro e netto riferimento al ddl-scuola nella relazione sulla quale chiederà il voto lunedì in direzione. Poi ci dovrebbe essere anche un’assemblea dei senatori con vincolo a rispettare la decisione presa a maggioranza, pena l’espulsione. Il punto è che si possono sostenere 2-3 perdite, non di più. Trattare e attaccare, concedere senza dare alcuna impressione di un arretramento, è tutta qui la strategia per portare a casa il ddl-scuola e superare il rischio di una crisi di governo.  I segnali che arrivano dalla sinistra Pd sono incoraggianti e il premier ha messo al primo punto il ricompattamento del partito per affrontare il momento difficile. Anche con Ncd l’atmosfera sta diventando più serena. Alfano ha detto che resterà al governo almeno «sino al referendum sulle riforme istituzionali», insomma fino all’estate 2016. «Poi si valuterà», dice. La scuola è lo snodo sblocca-impasse.  Anche Maurizio Sacconi lo vede come un «test» per capire se Renzi intende continuare su una linea riformista o invece cedere alle pressioni della sinistra.  Il tentativo di dialogo sulla scuola potrebbe mettere nel freezer anche il tema delle regole interne al partito per evitare nuovi 'casi Pastorino'. Tuttavia anche su questo punto Renzi sta cercando di costruire un certo consenso, ad esempio con l’introduzione nello statuto democrat di una norma che imponga a chi perde le primarie di sostenere chi ha vinto, senza «scappare con il pallone» come ha fatto - secondo il premier - Cofferati in Liguria. Quelli che iniziano oggi e che portano alla direzione di lunedì sono giorni decisivi. In commissione Cultura non si vota sino a quando lunedì non ci sarà il chiarimento nel Pd. Poi, in base a quello che succederà nel partito, si aprono mille scenari. L’ipotesi più pessimista è che il ddl arrivi in Aula senza relatore e ponendo la questione di fiducia. In tal caso quello sulla scuola potrebbe essere o il primo voto di una nuova maggioranza o l’ultimo di quella attuale, con una scissione di fatto.

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