martedì 6 ottobre 2020
Ha lo scopo di orientare e sostenere le persone che decidono di aiutare i malati. Il presidente dell'Associazione italiana contro le leucemie Sergio Amadori: «Diamo loro la dignità che meritano».
Ail, scuola volontariato

Ail, scuola volontariato - Ufficio stampa Ail

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Orientare, formare e valorizzare il volontario. Attribuire la giusta riconoscenza a chi dedica parte del suo tempo agli altri, senza chiedere nulla in cambio. L'idea della prima scuola italiana di volontariato di Ail (Associazione italiana contro le leucemie - linfomi e mieloma) nasce proprio per questo. Ma non solo: è anche un appello - quello del presidente nazionale Sergio Amadori - al governo: «Sogno di essere invitato ai tavoli decisionali, di essere coinvolti nei progetti, di lavorare insieme per portare il nostro contributo». Quello che i 18mila volontari di Ail - attivi sul territorio nazionale ormai da 50 anni - portano quotidianamente negli ospedali italiani. «Il volontariato è importante, perché oltre all’effetto benefico che si reca alla persona che ha bisogno, produce anche questa benedizione nascosta, che è quella di diffondere la cultura del dono come gratuità che oggi è il fattore principale di sviluppo. Il bene produce il bene», ha detto il prof. Stefano Zamagni.

Nel salone Angiolillo di Palazzo Wedwkind di Roma, a due passi da Palazzo Chigi, l'inaugurazione della prima scuola di volontariato diventa l'occasione per parlare del "Terzo settore". Una conversazione a cinque, tra il presidente dell'Ail Giuseppe Amadori, Il responsabile della scuola Giuseppe Toro, il presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali il prof.Stefano Zamagni, Stanislao Di Piazza, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il direttore dell'Espresso Marco Damilano e Alberto Stanzione di Pfizer.

A parlare - in rappresentanza dei circa 40 psicologi che hanno preso parte al progetto - anche due di loro, le dottoresse Ilenia Trifirò e Flora Gigli: «Non sarà esclusivamente una trasmissione di sapere, ma ma una valorizzazione degli strumenti che il volontario già possiede», ha detto la prima; «Bisogna dare la giusta visibilità a chi aiuta gli altri, il giusto riconoscimento sociale», la seconda. Una scuola quindi che formi e sostenga l'attività del volontario, spesso in difficoltà fisica e - soprattutto - psicologica. Non raramente infatti si ha a che fare con persone che affrontano gravi malattie, percorsi difficili anche per chi si pone l'obiettivo di rendere le cure del paziente meno pesanti.


Un compito non facile, che troppo spesso viene sottovalutato della società: «Il terzo settore è stato usato per troppo tempo come ruota di scorta, come supplenza dello Stato», ha detto nel suo intervento Marco Damilano. E gli ha fatto eco Amadori: «La scuola nasce proprio per restituire dignità al volontario». «Che, preparato, è capace di attivarsi al meglio», ha detto Toro.
Da Bologna a Ragusa, apertura il 15 di ottobre. Tre giorni ogni due settimane di approfondimenti. Quattro tappe per ogni aspirante volontario: accoglienza, orientamento e selezione; corso di formazione di base; inserimento, tutoraggio e supervisione; formazione permanente e sostegno individuale.


Insomma, un percorso che abbia l'obiettivo di aiutare e valorizzare il volontario, con lo scopo di riconoscergli il giusto valore civile e sociale. Un'opportunità per chiunque desideri aiutare gli altri.



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