lunedì 10 febbraio 2014
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La vicenda Napolitano-Monti-Berlusconi è caduta come un fulmine a ciel sereno su una giornata che doveva poggiare su altri due pilastri: la definizione dell’accordo sulla nuova legge elettorale e le prime mosse di Enrico Letta per sbloccare l’azione di governo. Le accuse al capo dello Stato mosse da Forza Italia e M5S hanno in realtà l’obiettivo di metterne in discussione le funzioni di garante in questa difficile fase politica. Proprio ora che Napolitano deve trovare la quadra tra le ipotesi in campo (un governo che accompagni l’intero iter delle riforme – guidato da Letta o da Renzi - o il voto?), lo si accusa di aver gestito la crisi del 2011 in maniera arbitraria. Dimenticando lo stato di terrore che attraversò il Paese in quella caldissima estate, con lo spread a 550, manovre via via più disperate e la Troika (Ue-Bce-Fmi) sul punto di metterci sotto tutela. È probabile che la richiesta di impeachment al capo dello Stato non troverà sbocchi, e che lo stesso Berlusconi preferirà restare ancorato al patto con Renzi sulle riforme piuttosto che imboccare la strada dello scontro istituzionale. Ma servirà un “di più” di responsabilità delle forze di maggioranza per evitare che il tentativo di tenere l’Italia sulla rotta della stabilità venga ostacolato da chi ha tutto l’interesse a generare una situazione di caos politico e istituzionale.
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